Sessant’anni fa, nel giugno 1958 la casa editrice Einaudi pubblicò Se questo è un uomo, il libro di Primo Levi che oggi consideriamo un classico della Shoah. Anzi, il classico della Shoah, in cui Levi racconta la sua deportazione nel campo di sterminio di Auschwitz. Sono passati sessant’anni, quel libro ha venduto milioni di copie nel mondo, tradotto in tutte le lingue, e non cessa di vendere. Eppure, la sua storia editoriale fu accidentata e faticosa. Nel gennaio 1947 il libro è concluso, dopo una elaborazione rapidissima durata poco più di un anno e portata avanti quasi in uno stato di trance, di giorno e di notte. Levi affida cinque episodi a un settimanale comunista di Vercelli, «L’amico del popolo», dove si annuncia un libro di prossima pubblicazione intitolato Sul fondo. Il titolo è ancora incerto e tale rimarrà fino all’ultimo.
Levi invia il dattiloscritto ad alcuni «grossi editori», tre o quattro, ma la sua prima scelta è l’Einaudi, la casa editrice torinese che ha subìto gravi lutti a causa del nazismo, a cominciare dalla morte del fondatore Leone Ginzburg nelle carceri di Regina Coeli in seguito alle torture. Sua moglie, Natalia, lavora all’Einaudi come redattrice, anche lei una Levi, anche lei di origine ebraica. Primo le consegna il plico personalmente, ma quando alcuni giorni dopo torna in casa editrice Natalia gli comunica che il libro è stato respinto. A quella decisione ha partecipato anche Cesare Pavese, braccio destro dell’editore: si pubblicano troppi libri sui lager e l’Einaudi preferisce pensare al futuro. Quarant’anni dopo, la Ginzburg avrebbe ricordato: «Il libro mi aveva colpita e commossa, lo passai a Cesare Pavese con un giudizio positivo. Pavese lo mise da parte, rinviando la decisione. Mi rimprovero di non aver insistito, di essere stata frenata dal pudore di spingere Se questo è un uomo per ragioni, come dire, di famiglia, di commozione personale nei confronti di una vicenda che mi coinvolgeva troppo profondamente». Solo dal ’54 l’Einaudi avrebbe stampato memoriali sulla persecuzione, a cominciare dal Diario di Anna Frank.
Insomma, a Levi non restò che rivolgersi altrove. Tentò invano la via americana in traduzione attraverso una cugina che abitava nel Massachusetts. Il consiglio giusto arrivò dalla sorella, Anna Maria, che diede in lettura il dattiloscritto, ormai accresciuto e ampiamente rivisto, all’amico storico e magistrato Alessandro Galante Garrone, il quale il 28 marzo 1947 lo passò all’editore e intellettuale umanista Franco Antonicelli. Anna Maria, Alessandro, Franco: era un giro di amicizie legate da esperienze comuni nella Resistenza. Antonicelli, dopo aver ideato la pionieristica «Biblioteca europea» della Frassinelli, aveva fondato nel 1942 la casa editrice De Silva e lì accoglie il libro di Levi. Il titolo suggerito dall’autore è I sommersi e i salvati (destinato a diventare il titolo dell’ultimo libro, apparso nel 1986, l’anno prima della morte per suicidio), ma Antonicelli sceglie un’espressione presente nella poesia d’apertura: Se questo è un uomo. Finito di stampare l’11 ottobre 1947, viene tirato in 2500 copie accompagnate da un volantino: «Questo libro non è stato scritto per accusare, e neppure per suscitare orrore ed esecrazione. L’insegnamento che ne scaturisce è di pace: chi odia, contravviene ad una legge logica prima che ad un principio morale».
Il memoriale di Levi venderà 1400 copie, finché nel 1951 la De Silva verrà assorbita dalla Nuova Italia che alla richiesta di ristampa da parte dell’autore, replica che 600 copie giacciono ancora in magazzino: sono le stesse che nel ’66 finiranno sotto il fango dell’alluvione di Firenze. Umberto Saba il 3 novembre 1948 aveva inviato una lettera al «caro Signor Primo Levi» esprimendogli gratitudine e affetto per aver scritto quel libro «fatale»: «Fosse nelle mie possibilità, lo imporrei come testo scolastico», aggiungeva il poeta triestino. In una riunione einaudiana del 23 luglio 1952, il redattore Paolo Boringhieri riferisce che Levi propone la ristampa del suo libro, ma Giulio Einaudi obietta che, essendo già apparso presso un altro editore, «non avrebbe nessuna possibilità di successo». L’11 luglio 1955, dietro l’ennesima domanda di Levi, l’Einaudi accetta finalmente di pubblicare Se questo è un uomo che uscirà, dopo tre lunghi anni e «dopo dieci anni di morte apparente» (parole dell’autore), nel giugno 1958 in 2000 copie nella collana dei «Saggi» e con una copertina di Bruno Munari. Altrettante copie usciranno nel febbraio 1960 e altrettante ancora nel 1963, l’anno della rinascita dopo la «morte apparente». Ultime pubblicazioni su Levi: Album Primo Levi, a cura di Roberta Mori e Domenico Scarpa, Einaudi (6–); numero monografico della rivista «Riga», marcos y Marcos (5½); Ian Thompson, Una vita, Utet (5+); Giovanni Tesio, Primo Levi, ancora qualcosa da dire, interlinea (5). Sì, molto ancora da dire.