Letture, calcio e manovre estive

/ 17.07.2017
di Ovidio Biffi

Puntuale, quasi a voler rivaleggiare con il solstizio, è arrivata a fine giugno anche l’affollata corsa dei media a dare consigli per le letture sotto l’ombrellone. Difficile per i lettori rispettare gli ammonimenti a voler diffidare da questi suggerimenti, così com’è difficile per giornalisti e critici evitare le classifiche dei libri più venduti. Un esempio di come la corsa venga ormai trattata in modo sempre più stemperato lo ha fornito a inizio luglio «la Lettura» del «Corriere della Sera», in particolare con un articolo in cui Ida Bozzi «ribalta la questione» per proporre un elenco di testi di narrativa che hanno come ambientazione, e sovente anche come personaggio, proprio l’estate. La sua rassegna comprende una serie di romanzi che gravitano attorno all’estate «feroce come in Steinbeck, laida come in Lolita di Nabokov, sanguinosa come nel Grande Gatsby di Scott Fitzgerald, eroica come in Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi».

Ma anche i libri che la Bozzi indica – una quarantina, nonostante un’autolimitazione nel caso di Pavese o a pochi accenni alla lunghissima serie di gialli da Maigret a Montalbano – confermano che questi esercizi non agevolano orientamenti e scelte, per cui credo che alla fine risulti più utile la segnalazione di due nuovissimi ed attesi romanzi: Un’estate da ragazzi di Richard Cox e la quarta puntata della pentalogia dei Cazalet, Allontanarsi, di Elizabeth Jane Howard. E confesso che, alla fine, questi consigli di letture estive mi fanno sempre tornare in mente il dramma confessato da Massimo Troisi, quando gli chiedevano: «Ma tu leggi?». E lui: «Io legg’, ma so’ solo; chilli scrivono e’ so’ tant’».

Sto saltabeccando con il telecomando nel tentativo di vincere la noia di trasmissioni tv in diretta di avvenimenti sportivi. Chissà quando ci si accorgerà che certe discipline come il ciclismo, la F1, il motociclismo, e sempre più spesso anche il calcio, sottostanno ormai a una regia occulta che penalizza lo spettacolo: oggi più che le competizioni si guardano il paesaggio, la folla e gli incidenti. Nessuna meraviglia se i giovani alle dirette tv preferiscono i video-giochi sportivi, in grado di offrire maggiori emozioni e campioni sempre pronti a sfide. Non è molto d’aiuto il telecronista che sento commentare calcio (dalla Russia), incontenibile nell’elencare i giocatori, oltre che con cognome o nome, anche con il nome dei club di appartenenza, allegando cifre d’ingaggio e gossip vari. Lo farà per combattere il grigiore che domina in campo? A un certo punto la contesa si incattivisce. Dopo l’ennesimo fallaccio, l’arbitro ricorre alla Var (Video assistent referee), la moviola in campo. Nonostante una plateale gomitata sul viso alla fine rilascia al colpevole solo un’ammonizione. Ricordo un aforisma di Ennio Flaiano: «L’italiano ha un solo vero nemico: l’arbitro delle partite di calcio, perché emette un giudizio». Mi sa che gli arbitri faranno di tutto perché, anche con la moviola in campo, le cose restino così...

In giugno ennesima conferma della sudditanza psicologica di noi, come svizzeri e ticinesi, nei confronti della vicina Repubblica. Il Consiglio di Stato, sospinto da Berna, decide che il casellario giudiziario per i frontalieri italiani non sarà più obbligatorio; il Governo federale non rinnova più la concessione di licenza per le navette di bus che collegano il Ticino alla Malpensa; la Regione Lombardia avvisa che per ragioni finanziarie il servizio ferroviario con il Ticino verso Malpensa verrà avviato solo nel 2018 e ridotto; il governo ticinese sospende la quota di finanziamento per i costi del collegamento ferroviario; il governo italiano fa sapere che l’esame del mantenimento della Svizzera nella sua «black list» finanziaria non è prioritario; il governo federale conferma di avere dubbi (ma va?) sull’effettiva reciprocità in materia fiscale fra Svizzera e Italia. Sono solo vicende politiche, dirà subito qualcuno. Ma proprio perché politiche servono a capire meglio comportamenti o difetti. Improvvisamente in questo clima non proprio idilliaco, aggravato anche da altre contese (collegamenti lacuali sul Verbano), a Bellinzona qualcuno avverte la necessità di svelare i futuri scenari di sviluppo di un Ticino che nei prossimi decenni potrà avere almeno altri 195’000 cittadini. La notizia dev’essere sfuggita ai media italiani, altrimenti avremmo potuto leggere: «In Ticino liberi altri 100’000 posti di lavoro per frontalieri». E se si pensa che negli stessi giorni per 30 nuovi posti alla Banca d’Italia hanno concorso in 85’000...