Mancano tre mesi, poco più, alle elezioni federali, e a questo punto le parole chiave sono due: verde e donna. Le 500mila persone che il 14 giugno hanno aderito alle manifestazioni pubbliche nella giornata dello sciopero delle donne sono un indizio concreto che il tema dell’uguaglianza fra i sessi può riverberarsi sulla composizione del nuovo parlamento federale. Ma soprattutto è l’ambiente, il clima che ancor più potranno determinare uno spostamento a sinistra al Consiglio nazionale, rovesciando la risicata maggioranza di centro-destra oggi composta da PLR e UDC che su temi sociali ed economici può imporre la sua volontà (anche se poi ci pensa il popolo a correggere progetti e riforme troppo squilibrati).
Le elezioni cantonali di Zurigo e i sondaggi pre-elettorali lo mostrano: Verdi e Verdi liberali hanno il vento in poppa, il PS non perde anzi potrebbe guadagnare qualcosa, il PPD e con esso il PBD proseguono a gambero, mentre perde punti pur restando primo partito l’UDC che questa volta non riesce a dettare l’agenda del dibattito (migrazione, stranieri, Unione europea non scaldano gli animi). Il fatto che i socialisti non perdano mentre i Verdi avanzano significa che l’area rosso-verde cresce.Tuttavia, i Verdi liberali possono rosicchiare loro dei voti (e personalità: come gli zurighesi Chantal Galladé e Daniel Frei, già presidente cantonale PS). E siccome oggi cresce chi può vantare una sensibilità ambientale, ecco che la settimana scorsa anche il Partito socialista ha sentito il bisogno di ricordare ai cittadini di essere sempre stato in prima linea nella difesa dell’ambiente. Per dimostrare che non si limita ai proclami, ha annunciato una strategia denominata «Piano Marshall per il clima» ricco di obiettivi e misure concrete: zero emissioni di gas ad effetto serra entro il 2050, un divieto di auto a benzina o diesel dal 2035, 3 miliardi di investimenti pubblici per la svolta energetica (rispetto ai 500 milioni odierni) che generino 9 miliardi di investimenti privati.
Che non si possa più prescindere dai temi ambientali, dall’emergenza clima, se n’è accorto anche il PLR nazionale, innanzitutto la sua presidente Petra Gössi, che a sorpresa in febbraio ha annunciato una svolta ecologica del partito, con tanto di consultazione della base. Le voci critiche all’interno del PLR non sono state poche, ma alla fine persino l’assemblea dei delegati l’ha approvata, reintegrando nel programma futuro anche quella tassa sui voli che i parlamentari PLR avevano bocciato. Anche i liberali radicali vogliono dunque una Svizzera a zero emissioni nel 2050, se necessario con una tassa sul CO2, ma pure un maggiore impegno a favore della potabilità dell’acqua e contro un eccessivo uso di pesticidi nell’agricoltura. Che cosa differenzia allora questo PLR dai Verdi? L’approccio: divieti e imposte solo dove necessario (da devolvere in parte alla popolazione, in parte ad un fondo pro clima) ma anche molto senso di responsabilità e innovazione tecnologica. È una mossa per contrastare il calo dei consensi, dopo i successi elettorali in diversi cantoni avuti fino all’anno scorso? La presidente Gössi e chi la sostiene è consapevole che a breve termine la svolta potrebbe costare consensi al PLR, ma ne rafforza la credibilità come soggetto politico.
E in Ticino? La novità è la ventilata congiunzione delle liste fra PPD e PLR con lo scopo di rafforzare il centro rispetto alla sinistra e alla destra – anche se a Palazzo federale finora il PLR era più vicino alla destra e il PPD alla sinistra. Ma forse la svolta verde del PLR di Gössi (viene percepita nel PLR ticinese?) lo riporterà più vicino al centro, e allora la congiunzione può avere un senso anche «nazionale».