Ci sono cifre della statistica che non possono essere messe in dubbio. Per esempio quelle che illustrano l’evoluzione dell’occupazione per rami nel Cantone e le relative trasformazioni nella struttura dell’occupazione per rami. Come i lettori sanno, quella del Ticino è un’economia del terziario, nel senso che la quota dell’occupazione di questo settore supera ormai il 70% del totale. Anche in termini di creazione di posti di lavoro, il terziario è il settore dominante. Dal 1998 al 2014, si sono creati nel terziario ticinese circa 25’000 posti di lavoro, il che rappresenta l’83% dell’aumento, conosciuto dall’occupazione, in questo periodo. Naturalmente non tutti i rami del terziario hanno visto il loro numero di posti di lavoro aumentare nel medesimo modo. Prendiamo per esempio i due principali.
Da un lato abbiamo il commercio e le riparazioni di autoveicoli e motocicli. In questo ramo si contavano, nel 2014, 27’358 posti di lavoro equivalenti a tempo pieno. Dall’altro lato abbiamo invece la sanità e i servizi sociali che, sempre nel 2014, avevano 18’800 posti di lavoro. La dinamica dell’occupazione nei due rami, nel corso degli ultimi anni, è stata però completamente diversa. Mentre il ramo del commercio e delle riparazioni, dal 1998 al 2014, ha conosciuto un tasso di aumento annuale dell’occupazione pari allo 0,2%, la sanità e i servizi sociali hanno visto i loro posti di lavoro aumentare annualmente a un tasso pari all’1,5%, superiore anche a quello con il quale è aumentata l’occupazione totale nei settori secondario e terziario. Questo significa che quando si parla di creazione di posti di lavoro in Ticino, oggi, bisogna considerare il contributo delle aziende della sanità e dei servizi sociali come uno dei più importanti. Per dare un’idea della loro importanza ricordo che se la loro occupazione dovesse continuare a crescere come negli ultimi anni, tra cinque anni gli occupati di questi rami supereranno quelli dell’edilizia e, tra un quarto di secolo, potremmo avere più occupati in questi rami che nell’industria.
Perché la sanità e i servizi sociali crescono, e non solo in termini di occupazione, non è difficile da spiegare. La loro crescita è, in primo luogo, da attribuire all’aumento della popolazione e, in particolare al suo invecchiamento. Siccome le aziende di questi rami lavorano, quasi esclusivamente, per la popolazione residente è normale che la loro occupazione cresca con il crescere della popolazione. E siccome più una popolazione è anziana e più ha bisogno di cure e di assistenza è chiaro che anche l’invecchiamento fa aumentare la domanda di servizi sanitari e sociali. Vengono poi, in secondo luogo, i progressi e i miglioramenti che vengono fatti costantemente nell’offerta di servizi medici, igienici e sociali.
Si pensi, per non fare che un esempio, alla rapida diffusione dell’offerta di servizi di fisioterapia nel corso degli ultimi trenta anni. In terzo luogo questi rami crescono perché, per il momento almeno, la produzione di servizi sanitari e sociali dipende in misura estrema dal fattore lavoro. Si parla, è vero, della possibilità di estendere la digitalizzazione anche a questi servizi o, addirittura, di far intervenire i robot nella somministrazione delle cure. Ma è difficile pensare che, nei prossimi dieci anni, nel ramo della sanità e dei servizi sociali possano avvenire i cambiamenti drastici in fatto di ricorso al fattore lavoro che si sono invece già manifestati, e continuano a manifestarsi, nel ramo del commercio.
Anche perché le aziende che operano in questo ramo sono aziende pubbliche o parastatali e quindi maggiormente esposte all’influenza della politica che le aziende private del ramo del commercio e delle riparazioni. Questo significa che eventuali ristrutturazioni saranno sempre ostacolate da forte opposizione dell’opinione pubblica. Basta pensare che cosa succede in materia di mobilitazione della stessa ogni qualvolta l’EOC decide di chiudere un ospedale o anche solo qualche reparto specializzato. Questi rami, nei quali l’occupazione è in forte espansione, sono rami con quote di occupazione femminile elevate e che fanno largo ricorso all’occupazione a tempo parziale. Dovessero continuare a crescere in termini di posti di lavoro è auspicabile che facciano, in futuro, maggior ricorso a lavoratrici residenti nel Cantone di quanto non possono fare attualmente.
Sarebbe anche opportuno che potessero far ricorso a più uomini di quanto non ne occupino attualmente. L’attuazione di questi obiettivi pone però il problema della formazione e quello di un maggior aiuto dello Stato alle famiglie con bambini piccoli per consentire alla madre di continuare – almeno a tempo parziale – la sua attività lavorativa. Tuttavia la difficoltà più importante per i rami della sanità e dei servizi sociali resterà in futuro quella del finanziamento, in particolare di quella quota di spesa che deve essere finanziata dagli enti pubblici. Tenendo presente soprattutto questo aspetto non penso che l’occupazione in questo settore si dilaterà ancora di molto. Alla domanda posta nel titolo di questo articolo si deve quindi rispondere per la negativa.