Lasciamo in pace le streghe

/ 29.05.2017
di Maria Bettetini

Alpenglühen: le montagne arrossiscono all’improvviso, e subito dopo si lasciano inghiottire dal buio. È il termine con cui Karen Blixen descrive il rossore di vergogna e punizione del cattivo nel racconto dedicato alla vergine guerriera Ehrengard. Un veloce splendore (glühen è il verbo dell’incandescenza, del caldo rossore, più prosaicamente ricordato nel Glühwein, vino caldo o brulé): poi il nero della notte. Nelle Dolomiti, un rossore che sa di mare, dei coralli abbandonati dal riluttante ritrarsi delle acque salate. Che sa di fuoco, che rapidamente trascorre dal rossore del tramonto alle fiamme degli inferi, dal buio della notte alle tenebre del male.

Le Dolomiti sono anche il regno delle streghe. Di questi tempi, di simpatiche vecchiette in legno o meno nobili materiali, in testa un fazzoletto a quadretti, una scopa per destriero, insomma la versione politicamente adeguata della Befana che riempie le feste turistiche dei sabato sera estivi e i negozi di souvenir, fino a diventare il simbolo della zona dello Sciliar e dell’Alpe di Siusi. Fino a tre secoli fa, un argomento un po’ più serio e tristo: tra la fine del XV sec. e il 1787, quando Giuseppe II d’Austria vietò la tortura e dichiarò abolito il delitto di stregoneria, queste zone raggiunsero tristi primati nella caccia e l’esecuzione di cosiddette streghe. Ovvero di solito donne che praticavano arti mediche naturali, o che per qualche motivo potevano essere ritenute il capro espiatorio di catastrofi naturali e dolori che la vita del contadino ha sempre conosciuto e ha sempre cercato di attribuire a qualcuno.

Tempi bui, per le cosiddette streghe. E pensare che non si era neanche nel Medioevo: l’Inquisizione medievale infatti, istituita alla fine del XII secolo, non aveva a che fare con le streghe, il suo tribunale era sorto contro le eresie di catari e valdesi. Operò quindi nel nord dell’Italia e nel sud della Francia. Fu nel 1478 che i sovrani Federico II d’Aragona e Isabella di Castiglia chiesero al Papa un nuovo tribunale dipendente da loro e non da Roma. Lo scopo era soprattutto quello di verificare l’avvenuta e reale conversione da parte degli ebrei, costretti all’espatrio o a diventare «marrani» o conversos, ebrei convertiti al cristianesimo. I «re cattolici» (che speriamo di non vedere mai beatificati) affidarono questa attività ai Domenicani, e i primi decenni videro il terrore nella popolazione, anche perché bastava un sospetto per essere arrestati.

Dalla Spagna l’Inquisizione fu estesa, naturalmente, anche ai domini spagnoli: parte del Centro America, la Sicilia, la Sardegna. A Napoli il tentativo non riuscì, per ribellione popolare e per i contrasti tra la nobiltà locale e il Viceré. Nel 1547, addirittura, esplose una rivolta che costò duemila morti alla città, dove si ottenne però di non vedere istituito il temibile tribunale. Questo non significa che Napoli diventasse libera e illuminata, Pietro di Toledo continuò a governarla tra eccessi di severità e uso della forza contro gli oppositori, ma almeno non furono coinvolti frati e anime. A differenza infatti di quanto era accaduto nei primi mille anni di cristianesimo, dal Duecento in poi la religione era sempre più diventata arma di dominio da parte dei governanti, assumendo questo ruolo in maniera assoluta durante Riforma e Controriforma, quando l’appartenenza a una chiesa diventava l’unico forte legame tra i sudditi dei sovrani che usavano la scusa della religione per combattersi e cercare di conquistare terre e potere.

Nel Seicento poi tutto diventò più blando e l’Inquisizione smise di «esercitare» fino a essere soppressa dai governi più illuminati dei secoli successivi. In tutto questo le streghe erano un diversivo: da un lato l’attenzione a loro prestata indicava l’alto grado di superstizione di vescovi e re. Dall’altro si trattava di persone perlopiù già isolate dal contesto sociale, che millantavano doni soprannaturali e di questo vivevano, o di donne che esercitavano la medicina pur senza essere medici (la prima donna laureata in medicina fu anche la prima donna laureata al mondo, la veneziana Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, nel 1678). Oppure, come si diceva, erano persone purtroppo destinate a fare da capro espiatorio. Le streghe erano dunque le prime vittime di una sorta di bullismo governativo.

Per questo se qualche Hexe, qualche «strega» (dal latino strix, uccello notturno), ritorna sull’Alpe di Siusi, bisogna lasciarla in pace: forse vuole sedersi sulle panchine delle streghe (Hexenbänke) della Bullaccia, o volare in cima allo Sciliar, sul Petz, dove sembra apparecchiato apposta un grande altare. La tradizione chiederebbe di suonare le campane di tutto l’altopiano per scongiurare temporali e disastri: ma ormai sarà notte, le Dolomiti avranno regalato al mondo il loro ultimo splendore e l’improvviso buio permetterà alle Hexen di visitare i luoghi a loro cari.