«La vostra bandiera: Verità e Libertà»

/ 27.05.2019
di Orazio Martinetti

Il Ticino ricorda in questi mesi la figura e il contributo di un suo cittadino onorario, Carlo Cattaneo, attraverso le iniziative dell’Associazione che porta il suo nome, una mostra allestita alla Biblioteca cantonale di Lugano e la digitalizzazione delle principali opere di questo straordinario esule. Quest’anno infatti cade un anniversario importante, i 150 anni dalla scomparsa, avvenuta nel 1869 a Castagnola; in precedenza il nostro cantone si era attivato nel 1969 (centenario della morte) e nel 2001 (bicentenario della nascita). Per ogni occasione si erano indette manifestazioni, spesso su sollecitazione del Comitato italo-svizzero per la pubblicazione dell’intero corpus degli scritti cattaneani (operazione tuttora in corso). In una fase in cui i rapporti tra il Ticino e la Lombardia appaiono particolarmente tesi, è motivo di sollievo sapere che il milanese Cattaneo abbia mantenuto il suo posto nella quadreria dei personaggi illustri che hanno permesso all’ancora acerba repubblica ticinese di crescere e maturare nel consesso elvetico.

«Presenza di Carlo Cattaneo», così il curatore Adriano Soldini intitolava la sua introduzione ad un’antologia commissionata nel 1969 dal Dipartimento della pubblica educazione e pubblicata nel 1970: un volume dalla veste un po’ dimessa, come usava allora, ma ancora utile per cogliere la multiforme attività di questo intellettuale atipico, giurista ed economista, linguista, storico e saggista «sui generis»; un «filosofo militante», lo definirà poi Norberto Bobbio nel suo celebre volume einaudiano del 1971. Figlio dell’illuminismo e assertore della conoscenza come fattore dell’incivilimento umano, Cattaneo intendeva la filosofia come «il nesso comune di tutte le scienze… la lente che adunando li sparsi raggi illumina ad un tempo l’uomo e l’universo». Non è un caso che negli anni Settanta questa citazione comparisse nella monumentale Storia del pensiero filosofico e scientifico ideata e diretta per l’editore Garzanti da Ludovico Geymonat, lui stesso filosofo e matematico, e dunque «pontiere» tra le due tradizioni, quella umanistica e quella scientifica. Geymonat – come Charles P. Snow, che nel 1959 aveva lanciato l’allarme sulle «due culture» e sulla loro crescente divaricazione – reputava dannoso per la società che fra gli umanisti e gli scienziati si fosse verificata una frattura e fosse nato un «muro di incomprensione». Quella tra gli studi storico-letterari e gli indirizzi tecnico-scientifici era infatti da ritenersi una «suddivisione nefasta», che avrebbe reso tutti «incapaci di capire il mondo in cui stiamo vivendo».

Il discorso sulle «due culture» torna ciclicamente nel dibattito politico-culturale. Investe in primo luogo l’istituzione scolastica, dalle elementari all’università. Sul banco degli imputati finiscono di solito gli studi umanistici: perché non servono, sono lunghi e defatiganti, non garantiscono né sbocchi professionali né profitti immediati. Meglio ridimensionarli, per privilegiare le scienze dure, come la matematica, la fisica, l’informatica, discipline il cui statuto epistemologico appare saldo e indiscutibile, oppure l’economia e la finanza. Vittima ricorrente di questo ragionamento è la storia, dato che «non insegna nulla» ed è soltanto fonte di noia.

Ecco allora che per abbattere questo muro, davvero sciagurato per la coscienza civile di ogni paese, è bene rifarsi al «nostro Cattaneo», in particolare alla lettera del 18 novembre del 1865 in cui si congedava dai suoi allievi del Liceo di Lugano, scuola in cui aveva tenuto la cattedra di filosofia: «Io spero che presso ai monumenti della storia naturale troveranno luogo i monumenti e documenti della storia umana che qui datano già dai tempi degli Etruschi… Ho pur fiducia che fra i molti e aperti ingegni che seguirono il nostro insegnamento non mancherà chi possa farsi interprete e continuatore dei miei pensieri; poiché la filosofia nostra, come docile riflesso del sapere e dei metodi del sapere, deve senza posa procedere di pari passo con tutte le scienze… Io spero che i liberi e sinceri studi vinceranno a lungo andare anche le menti più avverse. La filosofia è la ragione dell’uomo che aspira a conoscere la ragione dell’universo. Chi s’affaccia a scoprire in ogni cosa il pensiero, mostra già di credere in esso. […] Cari giovani, io dunque vi lascio il fraterno e paterno mio saluto con le parole stesse che ho poste sulla vostra bandiera: Libertà e Verità».

Prima di Snow e prima di Geymonat, Cattaneo aveva elevato i «metodi del sapere» a criterio universale di ogni serio lavoro d’indagine, dalla storia alle «feconde scienze sperimentali».