Dagli stranieri che scrivono sulla Svizzera siamo abituati a sentire solo complimenti, apprezzamenti entusiastici quando non addirittura esaltazioni. Il nostro paese viene lodato per le sue bellezze naturali, per il modo con il quale viene gestito, per la qualità dei suoi prodotti e della sua ricerca, per la pace sociale e chi più ne ha più ne metta. Non di rado la Svizzera viene addirittura designata come un modello da seguire, per esempio nella costruzione dell’Europa. Lo straniero che, invece di lodare, critica la Svizzera è invece un’eccezione. Ma di stranieri, critici del nostro paese, ce ne sono sempre stati, da Friedrich Engels in avanti. E siccome qualche volta le critiche possono anche servire pensiamo sia utile occuparci di una pubblicazione sulla Svizzera, apparsa recentemente nella basilese Zytglogge.
L’autore, Steffen Klatt, un giornalista tedesco che ha lavorato diversi anni da noi, vi sostiene che il nostro paese si trova attualmente in un vicolo cieco dal quale non sembra sia capace di uscire. Questa tesi viene sviluppata nei cinque capitoli del libro, ciascuno dei quali disamina di un aspetto particolare di questa situazione critica. Il primo è dedicato al dilemma che si è creato dopo la decisione popolare del 2014 che chiedeva di limitare la libera circolazione della manodopera proveniente dai paesi dell’Unione Europea. La legislazione adottata dal parlamento federale, sostiene Klatt, non rispetta il dettato dell’iniziativa popolare. Per poter dar seguito alla stessa, però, la Svizzera avrebbe dovuto rinunciare ai trattati bilaterali con l’U.E.
In altre parole la scelta era tra due mali e per evitarla il parlamento svizzero ha cercato di guadagnare tempo con una soluzione che non dà seguito all’iniziativa. Nel secondo capitolo l’autore sostiene che l’economia svizzera sta soffocando. Il settore finanziario, così importante per l’economia del nostro paese, sta facendo le spese dell’abolizione del segreto bancario. L’industria degli orologi e il turismo, due pilastri dell’esportazione svizzera sono in crisi. In crisi è pure il settore dell’energia elettrica al quale riesce difficile adattarsi alla nuova situazione concorrenziale. Secondo l’autore di questa pubblicazione vi è addirittura il pericolo che questo settore diventi, come l’agricoltura, un settore assistito, a carico della Confederazione. Klatt non dimentica poi di ricordare gli effetti devastatori del franco forte, in particolare per l’industria delle macchine, ed esprime dubbi sulla vera importanza di fattori localizzativi come la qualità e la precisione della produzione perché oggi si possono praticamente ottenere dappertutto. L’economia svizzera, afferma infine il Nostro, non è riuscita a realizzare il passaggio dalla macchina al digitale.
Nel terzo capitolo l’attenzione si sposta sulla politica. Il sistema politico svizzero funziona a vuoto. È fissato sui problemi interni e incapace di risolvere quelli che gli vengono posti dalle trasformazioni a livello internazionale. Nei due capitoli finali, Klatt risale il corso della storia per capire come si sia potuti arrivare a questa situazione. Il capitolo quarto è così dedicato all’analisi dell’evoluzione dei rapporti tra lo Stato e l’economia, mentre il quinto contiene una critica del concetto di democrazia diretta. La democrazia diretta, intesa come partecipazione del popolo al governo del paese, è un mito, conclude Klatt tra l’altro anche perché gli stranieri non possono votare e la partecipazione degli elettori continua a diminuire. Per non lasciarci del tutto con l’amaro in bocca, Klatt aggiunge poi un capitoletto finale nel quale dapprima illustra come le difficoltà della Svizzera possano servire da lezione all’Europa e poi considera quello che si dovrebbe fare per uscire dal vicolo cieco. Occorrerebbe, da un lato, riparare il rapporto con l’Europa. Una soluzione fatta non esiste, ma questo non significa che non se ne possa costruire una.
Più difficile, per Klatt, è il secondo tipo di riparazione: quella della struttura politica del paese. Tre sono le sfide che bisognerebbe superare. La prima è quella di dare voce agli stranieri che vivono nel paese seguendo il principio, espresso nella costituzione americana, «No taxation without representation». La seconda sfida è rappresentata dalla necessità di attribuire una nuova vita alla democrazia diretta, per esempio offrendo al cittadino la possibilità di partecipare al processo legislativo fin dall’inizio e non solo quando la legge è già stata approvata in parlamento. L’ultima sfida concerne i Cantoni che, con la Confederazione, devono ridiventare le due colonne portanti del federalismo elvetico. Per Klatt, è questa è forse una delle conclusioni più curiose della sua analisi, di questa imponente opera di rinnovamento potrebbe farsi carico solo il partito liberale-radicale.