Vi ricordate, all’indomani delle elezioni federali di quattro anni fa, del tanto parlare di svolta a destra, dopo che il PLR e l’UDC insieme avevano conquistato 101 seggi su 200 al Consiglio nazionale? La tesi è stata sostenuta dal PS per tutto il quadriennio ogni qualvolta una votazione veniva decisa dai voti di questi due partiti borghesi. In realtà, però, non regge il confronto con i fatti.
Ci hanno pensato i giornalisti della «SonntagsZeitung» a smentirla (vedi edizione dell’11 agosto 2019), analizzando tutte le votazioni avvenute fin qui al Consiglio nazionale in questi quattro anni: se nella legislatura 2011-2015 PLR e UDC avevano vinto da soli lo 0,4 per cento delle votazioni alla Camera del Popolo, in questa la percentuale è salita allo 0,9 per cento – non proprio una rivoluzione. Piuttosto, l’analisi ci porta un’altra sorpresa: una maggiore concordanza. Infatti le vittorie ottenute dalla coalizione PLR-PPD-PS-UDC sono salite al 38,5 per cento (2011-2015: 34 per cento), quelle fra PLR-PPD-PS al 31 per cento (2011-2015: 25,8 per cento), ma anche quelle fra i partiti borghesi PLR-PPD-UDC sono aumentate, dal 10,1 al 12,3 per cento, il centro sinistra (PPD-PS-Verdi) ha invece perso terreno (dal 2,9 all’1,3 per cento).
Che cosa è successo? Come era facile prevedere, l’altra Camera – notoriamente più moderata – e il voto popolare hanno fatto da calmiere. L’esempio forse più evidente è quanto avvenuto con l’ultima revisione dell’AVS: poco prima della fine della scorsa legislatura, la riforma presentata dal Consiglio federale venne cementata da un compromesso fra PPD e PS al Consiglio degli Stati, ma nella presente legislatura, quando venne il turno del Nazionale, PLR e UDC la trasformarono, dandole un timbro di centro-destra; gli Stati cedettero, però in seguito la riforma cadde in votazione popolare. Solo un compromesso fra PPD, PS e PLR permise l’anno scorso di dare un po’ di sollievo all’AVS, legando la riforma della tassazione delle imprese (anch’essa bocciata dal Popolo poiché troppo di destra) ad una maggiore capitalizzazione dell’AVS. Il fatto di unire in una votazione due temi così diversi contraddiceva un principio sacro della democrazia parlamentare elvetica (l’unità della materia), ma quest’anno il Popolo l’ha accolta comunque. Gli esiti delle votazioni popolari hanno quindi spinto PLR, PPD, PS e qualche volta anche l’UDC a più miti consigli: inutile forzare delle soluzioni che poi non hanno speranza di essere accolte dal Popolo, il quale evidentemente non si spinge così a destra come UDC e PLR speravano. E poi c’è da ricordare che in tanti dossier, primo fra tutti quello europeo, l’UDC resta graniticamente all’opposizione, ciò che rende più facile un’alleanza fra PLR, PPD e PS.
Quest’anno è prevedibile che il pendolo torni ad oscillare verso sinistra, anche in virtù della dominanza dei temi legati all’ambiente. Ma la lezione da trarre da questa legislatura è semplice: qualsiasi forzatura politica da parte di risicate maggioranze al Nazionale è tempo perso, poiché agli Stati non troverà maggioranze e ancor meno davanti al Popolo. Serve invece, visti i numerosi cantieri aperti, una maggiore consapevolezza degli effettivi equilibri della democrazia svizzera, ossia un ritorno ad una maggiore concertazione, dopo 20 anni di polarizzazione politica. È tempo di tornare a riempire di senso e di contenuti il termine «concordanza» e di ricreare una «Formula magica», forse in futuro non più identica nella forma a quella del passato (con nuovi partiti in Consiglio federale) ma simile nella sostanza, ossia tale da forgiare maggioranze solide.