La Sindrome di Asperger è una malattia molto particolare, per alcuni aspetti paragonabile all’autismo. Chi ne soffre però non mostra problemi cognitivi, cioè di intelligenza. Anzi. In molti casi i portatori di Asperger si dimostrano straordinariamente dotati di capacità intellettive: tra i colpiti dalla sindrome c’è persino un premio Nobel per l’economia, ad esempio. Gli aspetti più deficitari di chi soffre di Asperger sono la scarsità delle qualità emotive, come l’empatia, e la difficoltà di gestire le relazioni col prossimo. Non sembra il caso questo (o forse sì) di Greta Thunberg. In effetti è difficile valutare il suo grado di malattia. Da come l’abbiamo vista parlare durante le interviste rilasciate in occasione della sua protesta a Davos, al World Economic Forum di quest’anno, la piccola Greta, dall’alto dei suoi 16 anni, ha mostrato una grinta, una determinazione e una lucidità di espressione che fa sembrare malati molti di noi, piuttosto.
Greta Thunberg è svedese, si esprime però in un inglese impeccabile. E nella stessa lingua aggiorna il suo profilo Facebook raccontando i vari momenti della sua vita, una giovane esistenza che da un certo momento in poi è stata completamente risucchiata dal tema dell’ecologia e della sostenibilità. Con la determinazione la caparbietà che le viene dalla sua condizione patologica, Greta ha cominciato a raccogliere informazioni e dati sul tema della crisi ecologica globale che sta minacciando il nostro pianeta. Con la freddezza e la spietata aderenza al reale che, di nuovo, sono probabilmente dovute alla sua difficoltà di mediazione emotiva, ha lanciato e continua a lanciare un monito spietato a tutti noi. Greta non ha filtri. La sua disperazione per lo stato di salute del pianeta è proprio sottolineata dalla fissità dei suoi lineamenti, in quel suo volto impassibile da personaggio di una fiaba. Le sue affermazioni risolute sono pacatissime e sembrano gridate. Chiedono risposta.
Lei stessa, nella sua razionalissima battaglia, ha cercato un modo per comunicare il suo malessere, per diffondere la consapevolezza del problema ecologico. E l’ha fatto nei modi che sono più propri a chi soffre del suo problema. Si è seduta, da sola, davanti al Parlamento di Stoccolma, con un cartello di protesta in mano, e si è rifiutata di andare a scuola. Una risposta minima ma dai grandi effetti, a considerare il modo con cui i media hanno riportato la sua iniziativa. Ma ancor di più osservando il numero impressionante di nemici che hanno cominciato a bersagliare il suo profilo Facebook. Si chiamano «haters», in gergo: sono gli «odiatori», o meglio i seminatori di odio (di professione?), che attaccano nei loro spazi sui social network personaggi pubblici o figure istituzionali. Li sommergono con le peggiori accuse, con le insinuazioni più infamanti, non importa con quanta verità, ma con il solo scopo di infangarne la reputazione.
Tanto che la piccola Greta, dall’alto dei suoi 16 anni, per difendersi, non ha potuto fare altro che ripetere la sua incredibile storia, spiegare le sue deboli, fortissime motivazioni, assicurare che dietro di lei no, non c’è proprio nessuno, se non i suoi genitori, stupiti ancora più di lei della sua forza e della sua determinazione. «La mia malattia non è un limite» dice Greta nella sua risposta. «Anzi credo proprio che sia la mia forza». Visti gli effetti inauditi scatenati dalla sua presa di posizione non si può che darle ragione. Chiunque si abbassi a infangare la protesta di Greta dimostra enormi incapacità di empatia, spaventose difficoltà a gestire le relazioni con il prossimo. Ma la diagnosi di Asperger a loro è negata. Troppo poco intelligenti.