La città, afferma Renzo Piano, il grande architetto genovese, è un luogo d’incontro. I punti d’incontro urbano sono numerosi. Tra di essi quelli che mettono in contatto fornitori e clienti hanno un’importanza speciale. Negozi, centri commerciali, agenzie, punti di vendita, luoghi di esposizioni e fiere sono altrettanti magneti che attirano la clientela e animano la città. Celebrate non più di qualche anno fa ancora, come una delle istituzioni urbane per eccellenza, le fiere, in particolare quelle aperte al grande pubblico, stanno, le une dopo le altre, chiudendo le porte. Recentemente il gruppo MHC ha dato notizia che chiuderà la Züspa, l’esposizione di specialità zurighese, e il Comptoir di Losanna. Qualche mese prima aveva già annunciato che l’edizione 2019 sarà l’ultima anche per la Muba che, di queste esposizioni di beni di consumo durevole, aperte al grande pubblico, è stata l’antesignana. Maggiore capacità di resistenza sembrano avere le esposizioni regionali e quelle speciali.
Tutte le fiere che chiudono conoscono il medesimo problema: diminuzione continua del numero di visitatori. E tutte sembrano dare la medesima interpretazione della loro decadenza. Il consumatore di oggi non reputa di dover visitare una fiera per comperare una macchina per fare il caffè o una poltrona rilassante. In internet può trovare tutti i dettagli dell’offerta che gli servono e concludere l’affare. Se i visitatori diminuiscono, anche gli espositori perdono interesse e rinunciano ad essere presenti alla fiera. Così di anno in anno, anche il numero degli espositori diminuisce e gli organizzatori faticano sempre di più a far quadrare i loro conti. Pensare che 60 anni fa una visita alla Muba o al Comptoir poteva essere la destinazione della passeggiata annuale di numerose scolaresche, per non parlare dell’obbligata escursione domenicale di molte famiglie svizzere! Naturalmente l’«online shopping» non è il solo responsabile della decadenza delle fiere.
I responsabili delle stesse parlano anche di una profonda modifica nel comportamento del consumatore. Nel passato la visita alla fiera corrispondeva a un modo di agire razionale. Alla fiera il consumatore poteva comparare modelli e prezzi e, magari anche, degustare e provare il funzionamento dei prodotti che intendeva acquistare. Per non parlare dei prezzi ribassati che si potevano spuntare comperando e pagando il prodotto direttamente in fiera. Oggi sembra che la razionalità debba essere sostituita dall’emozione. Di qui l’idea che l’istituzione fieristica, come possibilità di far conoscere la propria produzione, non è probabilmente superata. Che deve cambiare è però il formato nel quale i prodotti vengono presentati. Il commerciale deve lasciare il posto al festoso. Di conseguenza è probabile che Muba, Züspa e Comptoir trovino, in un prossimo avvenire, dei successori in una serie di nuovi eventi fieristici che ancora devono essere concepiti. Queste considerazioni mi ricordano quanto avevo sentito, qualche anno fa, in un congresso dedicato agli sviluppi del marketing, a proposito di come i produttori di automobile intendevano cambiare le loro tecniche di vendita. Si pensava di creare, accanto agli stabilimenti di produzione, dei grandi parchi per il tempo libero, delle specie di Disneyland, dove i compratori venivano invitati a passare il week-end, con le loro famiglie. L’evento culmine di questo week-end sarebbe stato costituito dalla consegna del nuovo veicolo.
È possibile che in futuro, nelle fiere si organizzino matrimoni e battesimi, o feste di compleanno, o altre manifestazioni di questo tipo, per toccare le corde più profonde del consumatore. Oppure la vendita dei prodotti sarà legata, molto di più di quanto già non sia, ad altre soluzioni suggerite dalla fervida immaginazione degli specialisti in organizzazione di eventi. Per esempio quella di organizzare una sola fiera per anno, facendola viaggiare tra le tre sedi attuali: un anno a Zurigo, un anno a Basilea e un anno a Losanna. Questa soluzione avrebbe, tra gli altri, il merito di ridurre di due terzi i costi della fiera. Staremo a vedere!