Scrivendo, nel 1812, della situazione patrimoniale della popolazione ticinese, il canonico Paolo Ghiringhelli affermava: «Non vi sono latifondisti, né grandi capitalisti: v’è solo mediocrità e miseria». Un inventario della ricchezza, fatto in termini lapidari, che mette in evidenza quanto i capitali fossero rari nel Cantone e quanto modesto dovesse essere, in quei tempi, il risparmio. Difficile , in quelle condizioni, far nascere una banca. 40 anni più tardi, nelle sue Verità ai ticinesi, Stefano Franscini doveva tentare la prima stima del loro patrimonio. Stando alle sue intuizioni, a metà Ottocento, il patrimonio dei ticinesi avrebbe dovuto comporsi di 70 milioni di beni immobili e 48 milioni di beni mobili.
Ora, dunque, c’erano le premesse non solo per creare un’imposta sulla sostanza, ma anche per aprire gli sportelli di una banca. All’inizio degli anni Sessanta dell’Ottocento, nasceva così il primo istituto bancario (fino ad allora era esistita solo una cassa di risparmio) del Cantone, la Banca Cantonale Ticinese che, purtroppo, doveva essere travolta nel grande crack delle banche sopracenerine del 1914. Di come il settore bancario sia faticosamente nato e si sia sviluppato in Ticino, dagli anni Sessanta dell’Ottocento fino all’inizio della seconda guerra mondiale, ci parla Pietro Nosetti nella sua ponderosa tesi di dottorato appena pubblicata (Le secteur bancaire tessinois, Origines, crises et transformations,1861-1939). Quella di Nosetti è un accuratissima analisi che viene a colmare una lacuna nella storia economica del Ticino. Finora, infatti, le banche ticinesi, nonostante la loro importanza economica, e nonostante le avventurose vicende che ne hanno marcato l’espansione, da metà Ottocento a oggi, non avevano dato origine a un grosso filone di ricerche. Chi avesse cercato informazioni avrebbe dovuto rifarsi alla vecchissima, ma sempre valida tesi di dottorato di Carlo Kronauer (che quest’anno festeggia il centenario di apparizione), a quella, pure stagionata, di Virginio Mazzolini (1944), come pure ad alcune altre tesi che trattavano dell’espansione di singoli istituti. La nuova pubblicazione fa invece l’istoriato del settore bancario, scavando negli archivi delle banche per ricostruirne l’evoluzione fino al termine della grande crisi economica degli anni Trenta del Novecento. La storia delle banche di Nosetti è divisa in tre parti. La prima ne considera l’evoluzione dall’inizio dell’Ottocento fino al crack del 1914, comparandolo con quanto stava succedendo nel resto della Svizzera e in Italia. È un po’ la storia dell’infanzia della banca ticinese.
La terza parte continua l’istoriato dell’andamento del settore bancario durante il periodo della prima guerra mondiale e in quello tra le due guerre. Per l’autore questo è il periodo della maturità. Tra questi due periodi, si inserisce la seconda parte che è dedicata alla storia del crack bancario del 1914. Ovviamente la storia dell’espansione del sistema bancario non si riduce solo a una raccolta di statistiche sull’evoluzione della cifra di bilancio complessiva, sull’evoluzione dell’impiego, del numero degli istituti o del numero di filiali, sportelli, agenzie e rappresentanze. Nosetti ha esaminato tutte le operazioni delle singole banche, l’importanza e la provenienza della clientela, la composizione del management e le sue qualifiche. Ha cercato poi di valutare quale sia stato l’apporto delle banche allo sviluppo dell’economia ticinese.
La sua analisi è originale non solo per il dettaglio e la completezza dell’informazione, ma anche per i giudizi sui rapporti delle banche con l’evoluzione dell’agricoltura , dell’industria, del mercato ipotecario e del turismo, sul ritardo economico del Ticino, sull’apporto delle rimesse degli emigrati al risparmio cantonale, nonché sull’importanza, allora, di quello che diventerà, nel secondo dopoguerra, il cordone ombelicale della banca ticinese, ossia il rapporto con l’Italia. Essa viene a completare, in modo magistrale, una serie di ricerche storiche sulle infrastrutture di trasporto, sulla legislazione di protezione del lavoro, sull’evoluzione della produzione di energia elettrica, sui rapporti con Berna, sulla politica di sostegno e sviluppo dell’economia, apparsi negli ultimi anni.
Gli stessi si sono concentrati sul periodo della belle époque e su quello tra le due guerre mondiali, consentendoci così di capire meglio perché lo sviluppo secolare, in Ticino, si è fatto, parafrasando Lenin, con due passi in avanti e uno indietro.