Dalla stampa:
Belgio – Un bimbo di soli sette mesi perde la vita perché i genitori, convinti della presenza di intolleranze alimentari nel figlio, gli somministrano una dieta senza glutine e senza lattosio.
Cari lettori, questo mese mi permetto di prendere spunto da un recente fatto di cronaca che mi ha colpito molto, poiché concerne anche tematiche di cui mi occupo. L’intento non è sicuramente quello di fare polemica o di approfittare di un evento tragico, ma di condividere qualche riflessione con voi.
Mi sento di ricordarvi l’importanza dei professionisti. È essenziale, qui come altrove, capire e accettare che per qualsiasi dubbio o aspetto non chiaro il pediatra e le infermiere pediatriche sono sempre a disposizione per aiutare i genitori su tutti i fronti, anche quello dello svezzamento. Diventare genitore – soprattutto per la prima volta – implica mettersi in gioco in maniera completa: nessuno dispone del «Manuale del perfetto genitore», ed è inevitabile che vi siano zone d’ombra. Quel bimbo che non parla, ma piange. E che quando piange se non ti sbrighi a fare qualcosa, strilla. Quell’esserino che non sai mai quello che vuole. Che non sai se abbia fame, sonno, o solo bisogno di contatto. Quel bambino infine che se ha un’intolleranza o un’allergia, solo il medico può dirlo. Solo il medico.
Fatta questa premessa per me fondamentale, abbordiamo qualche tematica inerente.
Immagino che alcune delle domande che possiamo porci siano: Che cosa è un’intolleranza? Quanto è frequente? Mi devo preoccupare?
Col termine «intolleranze» sono definite quelle reazioni avverse a qualche tipo di cibo senza coinvolgimento del sistema immunitario. Possono, infatti, manifestarsi quando il corpo ha perso parzialmente o totalmente – o non ha mai avuto – la capacità di digerire una determinata sostanza.
Le intolleranze colpiscono in Svizzera fino al venti per cento della popolazione. Una persona su cinque.
Non c’è da allarmarsi: i sintomi di un’intolleranza alimentare possono essere vari ma non pericolosi per la salute. I più frequenti sono: disturbi digestivi generali, come mal di stomaco, flatulenza, diarrea o stitichezza, vomito. Il corpo reagisce provocando problemi immediatamente dopo il consumo oppure lentamente, per cui non è sempre facile collegarli a un’intolleranza.
Ultimamente si parla sempre di più di intolleranza al lattosio e al glutine, e vorrei descriverle qui più nel dettaglio.
Il lattosio è lo zucchero naturale del latte vaccino, ma anche di pecora, capra e asina. Lo si trova quindi nei prodotti latteo-caseari ma può essere utilizzato anche nell’industria alimentare e quindi può essere presente in biscotti, torte, snack ma anche prosciutto cotto, insaccati vari, ecc.
Nel corpo umano viene digerito a livello dell’intestino tenue da un enzima: la lattasi. Nelle persone intolleranti, il corpo non produce più la lattasi a sufficienza o del tutto e quindi quando mangiano alimenti contenenti lattosio questo non viene digerito e arriva intero nel colon dove per esempio forma gas e quindi dà origine a meteorismo, dolori alla pancia ma anche diarrea.
Il glutine è invece una proteina presente naturalmente nel frumento, nella segale e nell’orzo. È una molecola molto complessa e in ambiente panificatorio è la responsabile dell’aumento di volume dei prodotti da forno lievitati.
Le persone intolleranti non riescono a digerirla e quindi si accumula a livello intestinale e provoca i classici disturbi gastrointestinali.
L’intolleranza al glutine non è da confondersi con la Celiachia, che invece è una malattia autoimmune dell’intestino molto più grave (ne parlerò sicuramente in un altro articolo).
Fatte queste brevi – e spero chiare – descrizioni di intolleranze, se siete persone che consumano molti latticini e prodotti del frumento e vi è venuto il dubbio che possano fare del male al vostro figlio, vi consiglio di parlarne con il pediatra: sappiate che esiste un test del sangue e uno respiratorio per diagnosticare l’intolleranza al lattosio; non esiste invece un test per diagnosticare l’intolleranza al glutine ma è sempre utile escludere eventuali malattie più gravi (Celichia) ed essere indirizzati a un/a dietista che vi aiuterà, tramite una dieta d’esclusione, a trovare l’alimentazione giusta.
Spero di avervi dato utili informazioni e invitato alla riflessione. Laddove sia possibile dissipare dubbi, sarebbe davvero un peccato non farlo, soprattutto se aiuta a migliorare la qualità di vita.