In carrozza con un premio Nobel

/ 08.07.2019
di Orazio Martinetti

Spitteler, chi era costui? Alzi la mano chi può dire di conoscere vita e miracoli (letterari) del primo, e finora unico, premio Nobel svizzero per la letteratura (Hesse era nato in Germania, a Calw). Silenzio di tomba, e si capisce, giacché perfino nella sua area linguistica di riferimento, quella tedesca, Carl Spitteler passa per un Carneade. Le sue opere maggiori, rubricate sotto l’etichetta di «poemi epici», hanno l’aria di appartenere ad un’epoca remota: Primavera olimpica, Prometeo ed Epimeteo, Imago. Quest’anno, in occasione del centenario del Nobel conferitogli nel 1919, alcuni suoi testi sono tornati in circolazione, ma è presto per parlare di «riscoperta». In italiano c’è poco, e in ogni caso bisogna rivolgersi agli antiquari. Con un po’ di fortuna salta fuori una silloge curata da Carlo Picchio per le edizioni UTET (1970).

Nato a Liestal nel 1845, Spitteler ebbe una formazione teologica, ma consacrato pastore decise di rinunciare al ministero. Dopo vari soggiorni all’estero, tra cui uno a San Pietroburgo, fu dapprima insegnante nel canton Berna e poi redattore delle pagine culturali della NZZ. Il matrimonio con una facoltosa signora olandese, Marie Op den Hooff, lo liberò dalle preoccupazioni economiche. Poté quindi dedicarsi completamente all’attività letteraria. Si spense a Lucerna nel 1924.

Autore caduto nell’oblio, si diceva. Eppure sarebbe ingiusto lasciarlo per l’eternità in quella condizione. Almeno due testi suoi vanno tenuti in bella vista sugli scaffali. Ci riferiamo a Il Gottardo (Der Gotthard), ora disponibile anche in italiano (a cura di Mattia Mantovani, editore Dadò) e alla conferenza tenuta a Zurigo nel dicembre 1914 La neutralità di noi svizzeri (orig. Unser Schweizer Standpunkt), ripresa sia in calce all’edizione sopraccitata, sia nel volumetto a più voci uscito recentemente nelle edizioni Casagrande (Discorsi sulla neutralità. A cento anni dal Premio Nobel a Carl Spitteler).

Allo scrittore il San Gottardo valse davvero una miniera d’oro, in soldoni. La sorte volle che nel 1892 la Compagnia ferroviaria privata «Gotthardbahn», con sede a Lucerna, decidesse di affidare a Spitteler la redazione di una guida turistica; un vademecum in cui accanto ai consigli pratici (fermate, alloggi, piatti tipici) figurassero anche suggerimenti per visite ed escursioni nelle valli laterali.

Per la stesura lo scrittore fu retribuito lautamente: settemila franchi (che allora era una cifra cospicua) più tre biglietti gratuiti di prima classe della durata di un anno. L’illustre viaggiatore non si accontentò di fugaci viaggi verso il cielo d’Italia, ma percorse la tratta una trentina di volte, sempre osservando, annotando, salendo e scendendo da carrozze e calessi. «In fuga dal freddo e dalla neve» s’immerse nella magia e nei profumi del sud, ogni volta rinnovando l’esperienza del «Drang nach Süden», quel risveglio dei sensi che sospingeva i nordici verso la terra dove fioriscono i limoni: un polo magnetico irresistibile, una forza sovrannaturale, ieri come oggi.

Il successo di quella personalissima guida fu immenso. La ferrovia del Gottardo si era già conquistata un posto stabile nella gerarchia delle mete turistiche più ambìte («Swiss Tour»). L’attraversamento del massiccio alpino non poteva mancare nel carnet di viaggio della facoltosa clientela tedesca ed inglese. Per conquistarla e sedurla, le agenzie collegate alle compagnie ferroviarie arruolarono i migliori artisti e grafici per la cartellonistica (su tutti spiccava il parigino Hugo d’Alési), e persino cartografi per la realizzazione di plastici tridimensionali. Il passo successivo consisteva nel distribuire tutto questo materiale propagandistico oltre confine: nelle agenzie di viaggio, nelle sale di lettura dei grandi alberghi e degli stabilimenti termali e balneari, presso gli sportelli delle stazioni ferroviarie e marittime. Insomma, un’operazione di marketing studiata nei minimi particolari, che non dimenticava i politici più in vista, i governi cantonali, le biblioteche e le scuole d’ordine superiore.

Oggi la linea storica del Gottardo lotta per la sua sopravvivenza. Fa quindi un certo effetto riprendere in mano questa guida d’autore pubblicata nel 1897, in un’epoca in cui le gallerie elicoidali dell’alto Ticino e le gole urane erano riuscite ad alimentare l’immagine di un esotismo alpino, mete imperdibili agli occhi di gentiluomini e dame di mezz’Europa.