Il politico da saltimbanco

/ 26.08.2019
di Paolo Di Stefano

Campagna elettorale italiana 2018. La Lega di Matteo Salvini non finisce di sparare a zero contro i Cinque Stelle e i Cinque Stelle di Luigi Di Maio non finiscono di sparare a zero contro la Lega. Di Maio: «Nessuna intenzione di stare con chi diceva: Vesuvio, lavali con il fuoco… La nostra alleanza con la Lega è semplicemente una speculazione giornalistica». Salvini: «Di Maio? Si preoccupi dell’incapacità dei suoi sindaci in giro per l’Italia». Grillo su un possibile accordo con Salvini: «Solo l’inizio di un capitolo di fantascienza». L’autorevole esponente grillino Alessandro Di Battista: «I leghisti? Li possiamo distruggere, con la loro inconsistenza e la loro mancanza di coerenza…». Salvini sui Cinque Stelle: «Nessuna possibilità di andare d’accordo, cambiano idea ogni quarto d’ora su tutto, sull’euro, sull’Europa, sulle adozioni gay…».

Risultato? Un accordo e un governo insieme. Doveva essere il Governo del Cambiamento, è stato il governo del continuo cambiamento di opinione. «Sarà un governo di cinque anni!!!». È stato un governo di un anno e pochi mesi. Fondato su una giravolta e finito in una giravolta. Fantascienza? Sì, fantascienza. Mancanza di coerenza? Come minimo. Voto: 2 agli uni e 2 agli altri. C’è da fidarsi di gente che capovolge i suoi saldissimi principi nel giro di un mattino? No. «Il 2019? Sarà un anno bellissimo di incredibile ripresa» annunciava in febbraio il premier Giuseppe Conte. In aprile correggeva: «Stavo scherzando». Era tutto uno scherzo? 1 è il voto e non è uno scherzo. Tutti uomini e donne dai grandi principi (smentiti al massimo un giorno dopo).

D’altra parte, i grillini per i democratici non erano altro che dei «grullini», buffoni, cialtroni, idioti, «nuovi barbari». E Renzi per Grillo? Un avvoltoio, uno sciacallo, uno sparaballe, un «ballista da esportazione», l’«ebetino di Firenze». Insulti che Renzi considerava un onore, rincarando delicatamente: «Grillo, fai schifo» tanto per non lasciare dubbi. Risultato? «Noi non lasciamo che la nave affondi», esclama Di Maio (sceso nel frattempo anche lui a un 1 di scoraggiamento). «Diamo la nostra disponibilità», dicono i pidì. A degli «idioti», «cialtroni», «buffoni»? Proprio così.

E la coerenza? Quale coerenza? «La virtù degli imbecilli», la definiva Giuseppe Prezzolini (4+). Non si pretende il rigore morale di un Sandro Pertini, che riteneva che la coerenza equivalesse a comportarsi come si è, e non come si è deciso di essere. Politici d’altri tempi (6+). Ma l’incoerenza programmatica somiglia tanto alla frase di Ennio Flaiano: «Lei non può immaginare quanto io non sia irremovibile nelle mie idee» (6). Del resto, Salvini, l’uomo tutto d’un pezzo, ha inoltrato la sfiducia a Conte il 12 agosto e l’ha ritirata la settimana dopo, dietrofront di un dietrofront.

La rete produce per lo più fuffa, si sa, ma a volte regala qualche perla di ironia. Ed è normale che l’obiettivo preferito sia proprio lui. Dopotutto, se l’è un po’ voluta. Per esempio, ha preso il 34 per cento con lo slogan: «Votatemi e cambierò l’Europa»? Una spietata fotografia che circola nel web riproduce il Parlamento di Bruxelles con il suo scranno vuoto adeguatamente evidenziato, con questa didascalia: «Salvini mentre cambia l’Europa…» (5+).

La fotografia di un’enorme montagna ghiaiosa è accompagnata da questo commento: «I sassolini che Conte aveva nelle scarpe prima del suo discorso» (5+). E ancora: «Mi aspettavo che Conte concludesse il suo discorso dicendo: E se vuoi saperlo, il pupazzetto di Zorro te l’ho preso io!» (6–), che dice bene l’aspetto infantilmente litigioso dell’ex governo del cambiamento. Non male. Tutto è perduto, fuorché l’onore, dice un famoso motto attribuito al re Francesco I. Tutto è perduto, compreso l’onore, si potrebbe postillare.

Fallita l’alleanza tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle, vedremo come funzioneranno le altre combinazioni: un accordo tra Salvini e Renzi, poi tra Berlusconi e Zingaretti, poi tra Berlusconi e Di Battista, poi tra Grillo, La Russa, Berlusconi e Gasparri, poi tra Meloni e Conte, poi un ritorno di fiamma tra Conte e Salvini… La coerenza? Questa gente ha preso un po’ troppo alla lettera il paradosso di Oscar Wilde, secondo cui la coerenza «è l’ultimo rifugio delle persone prive di immaginazione». Questa gente di immaginazione ne ha fin troppa, ancora più degli artisti.

Non resta che condividere un pensiero che lo scrittore Nicola Lagioia ha trasmesso di recente su Twitter: «È un’epoca strana, dagli artisti si pretende la coerenza, ai potenti si concede la follia» (6). Che si potrebbe tradurre anche così: «Agli artisti si richiede il senso di responsabilità, i governanti possono (e forse, per vincere le elezioni, devono) essere dei buffoni». Il vero cambiamento è questo: si pensi anche ai Trump e ai Boris Johnson. Parafrasando un celebre titolo del grande critico Jean Starobinski (7+), un utile saggio sul nostro tempo potrebbe essere: Ritratto del politico da saltimbanco.