Il peso delle sardine

/ 10.02.2020
di Aldo Cazzullo

Il quadro politico e la situazione del Paese sono talmente miserevoli, che periodicamente gli italiani si persuadono di aver trovato i salvatori della patria. Nel 2002 i girotondi riempirono le piazze; ma si era allo zenit dell’era berlusconiana. Poi ci fu l’innamoramento per Matteo Renzi, che superò il 40 per cento alle europee 2014 ma scese sotto il 20 alle politiche 2018. Nel frattempo erano apparsi i Cinque Stelle, che alle suddette politiche sono arrivati all’incredibile quota del 33 per cento; e il pensiero che un italiano su tre credesse davvero che Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio avrebbero risolto i suoi problemi e quelli della nazione mi getta tuttora nello sconcerto.

Ma nel frattempo era già scoppiato un altro amore: quello per Matteo Salvini, che alle europee del maggio 2019 ha superato il 34 per cento. Da allora, però, ha commesso almeno due errori gravi: il Papeete e il citofono; il tentativo estivo di portare l’Italia alle urne anticipate – finendo per far nascere il governo giallorosso detto anche Conte bis –, e il tentativo invernale di dare la spallata al centrosinistra in Emilia Romagna, anch’esso fallito perché il superomismo salviniano ha finito per mobilitare l’elettorato di centrosinistra. Molti emiliani e molti romagnoli stanchi, disillusi, un tempo tentati dai Cinque Stelle e ora dall’astensionismo, sono andati a votare anche per dire no a un Salvini estremista ed eccessivo.

Così ora si parla parecchio di Giorgia Meloni. E ovviamente di questo nuovo movimento nato proprio durante la tempestosa campagna elettorale combattuta tra le nebbie di Piacenza e il mare di Rimini.

Onestamente credo che il peso delle Sardine nella vicenda politica italiana sia un po’ sopravvalutato. Ero a Bologna la sera di novembre in cui per la prima volta quattro ragazzi in gamba – ma del tutto privi di preparazione politica, limite che nell’Italia di oggi è ormai considerato un vantaggio – convocarono gli emiliani in piazza. Secondo una tradizione (inventata, come molte tradizioni), sul «crescentone» di piazza Maggiore, vale a dire sullo zoccolo che ai bolognesi ricorda la loro focaccia alta e soffice, ci stanno seimila persone pigiate appunto come sardine. La sfida fu ampiamente vinta: fu riempito il crescentone e pure la piazza.

Si trattava di bolognesi che mal sopportavano il carattere personalistico e fin troppo acceso che Salvini aveva impresso alla campagna per le regionali. Più che la tradizione rossa o l’amore per il Pd, è stata l’avversità alla Lega a rinfocolare giovani e vecchi che magari non si erano ancora avvicinati alla politica o se ne erano allontanati. Se fosse stato Zingaretti o lo stesso Bonaccini a chiamarli in piazza, probabilmente non avrebbero risposto. A mobilitarli è stato appunto Salvini. Se le Sardine dovessero presentarsi a un’elezione, pescherebbero voti dal bacino ampio ma non sterminato del centrosinistra.

In termini pratici, non cambierebbe molto. Avere dietro le spalle un movimento fresco e non contaminato da vecchi apparati è sempre un vantaggio. Però il vento che spazza il Paese non spira certo a sinistra.

Qualcuno ha tentato un paragone con i Cinque Stelle. I quali però nascevano dal rancore verso le vecchie classi dirigenti e dalla frustrazione di un Paese che cresce poco e male da vent’anni. Com’era facilmente prevedibile, Grillo – per quanto uomo di genio e di talento – non era la soluzione; men che meno Casaleggio junior. Ora gli italiani cominciano a capirlo.

Le Sardine hanno un altro linguaggio, si muovono in una logica opposta: meno insulti, meno social; più riflessione, più gentilezza. Ma si tratta di uno stato d’animo, più che di un programma. Di un metodo, più che di un obiettivo. Un metodo che dovrebbe essere adottato un po’ da tutti i partiti. Se si facessero partito loro stesse, le Sardine rischierebbero di finire sotto sale, e di venire divorate dal sistema.