Non è stata la prima casa che abbandonavo, non il primo trasloco di mobili e oggetti. Ma che tempesta l’abbandono e la chiusura della villetta dei trisnonni, peraltro venduta a un ottimo vicino che ne avrà buona cura. Il primo malessere l’ho avvertito qualche mese fa, quando una coppia è venuta a vederla: li ho accolti, ho mostrato la casa, mi sembrava di essere una guida turistica, era quasi divertente. Poi loro se ne sono andati e a me sono mancate le forze: ma che cosa sto facendo? Che cosa sto svendendo? Ho ripensato al senso del tempo delle Confessioni di Agostino di Ippona. Se nessuno me lo chiede, io so che cosa è il tempo, ma se mi chiedi di spiegartelo, non so che cosa dire, questo l’esordio della riflessione, una disarmante resa, non so che cosa sia il tempo. Poi, come un crescendo, la ripresa del tema della memoria, quella sorta di contenitore che raccoglie i ricordi e li ordina, come neanche i magazzini di Amazon. Oppure come un accampamento militare, dove ogni soldato è al posto che gli spetta, dorme nella tenda adeguata al generale, al centurione, al soldato semplice.
Ognuno di noi possiede quindi un «luogo» dove stipare, secondo un determinato ordine, i ricordi che attimo dopo attimo pungolano la nostra mente. Questa la via per comprendere che cosa sia il tempo: la memoria, i ricordi. Infatti, come dire qualcosa del presente, che appena definito come presente diventa passato? Proprio perché l’istante subito trascorre. E del futuro, di cui non sappiamo nulla, perché ancora non è, non abbiamo percezione. La soluzione è nella memoria: ricordando, conosco il passato, ma riesco anche a catturare il presente e presagire il futuro. No, anzi, il presente continua a sfuggire, nessuno potrà mai cogliere l’attimo che fugge, ma un’idea posso farmela, perché grazie alla velocità con cui si trasforma da presente in passato, mi permette di ricordare il presente. Per il futuro è più facile: non so nulla del futuro, e non ne sanno nulla gli oroscopi, i maghi, le streghe – personaggi molto vivi nella nostra società. Però posso se non prevedere, almeno immaginare il futuro, proprio grazie al passato. Se ho già mangiato un panino al salame, so che cosa proverò, mangiandolo stasera. Se ho già viaggiato in aereo, ricordando la paura dei vuoti d’aria, salirò sul mezzo col tremore di chi prevede qualche perturbazione atmosferica. È grazie ai ricordi, quindi, che posso percepire il presente e il futuro, perché la mia interiorità, l’anima come dice Agostino, si dilata, si «distende», catturando presente e futuro nella maglia dei ricordi, del passato. Ed eccomi alla prova dei fatti. Il presente si sgretola davanti a un passato che si allontana, un futuro che non c’è, qui, nella casa di famiglia. Sento l’odore di vecchio armadio, legno misto a umidità e salsedine, per me è un profumo. Riconosco tracce delle vite di noi bambini, di figli e nipoti: una porta sventrata dallo skateboard, le tovaglie antiche con indelebili macchie di sugo, e poi tutte le porte che si aprono al contrario.
I rumori, poi. Nell’ultima notte che trascorro in casa, come ultimo membro della famiglia, li sento tutti. Sono vecchi mobili che si assestano, muri che si posizionano meglio di giorno in giorno. Non mi fanno paura, solo nostalgia, perché mi domando quale nonno o avo si esprima tramite i cigolii e gli smottamenti che il silenzio della notte mi rende chiari e perspicui. Ma non sono questi suoni a turbarmi, di più possono gli odori, inconfondibili: come dicevo, legni antichi, cera per legno, vecchi ammennicoli marini, una boa, un salvagente, un corredo di cime e vele. Di più ancora possono i ricordi. Vedo mia madre, alle sette del mattino, parlare al telefono con papà: c’era la «teleselezione», parlarsi da una città all’altra costava meno prima delle sette e mezza del mattino. Poi la vedo spazzare quel pavimento scuro, fatto di piastrelle povere in marmittone, anzi vedo la polvere che si solleva e diventa sabbia d’oro nei raggi di sole. La vedo poi andare dal fruttivendolo e dal macellaio lì vicino, appena aprono, alle otto, così da avere la merce più fresca.
Noi bambini abbiamo l’ora dei compiti, il prezzo da pagare per andare poi in spiaggia, fare il bagno al mare, niente doccia perché il sale fa bene alla pelle – così dicevano le mamme. Un succo di frutta e alle dodici e trenta a casa, pranzo, sonnellino per i grandi, altro sport per i bambini. Mentre i traslocatori spostano i mobili, e quelli che nessuno userà vengono distrutti da un pesante martello, i ricordi, che non vorrei adesso avere presenti, si affollano, odori e visioni si affastellano. Non mi daranno, però, la chiara vista di un futuro, come dice sant’Agostino. Mi fanno solo capire che il passato è passato, e che nessuno potrà togliermi questa ricchezza. Il futuro sarà nuovo.