Il nuovo programma di sostegno all’economia

/ 16.03.2020
di Angelo Rossi

Nel corso degli ultimi 70 anni, la politica economica del nostro paese ha operato, in generale, per avvicinare il nostro sistema economico all’ideale dell’economia di mercato. Da questo profilo gli interventi più importanti sono certamente stati quelli volti a dissolvere il sistema dei cartelli e a promuovere la concorrenza sia nel settore privato che, nella misura del possibile, anche nel settore pubblico (i lettori si ricorderanno delle innumerevoli revisioni delle leggi cantonali sugli appalti e anche di qualche scandalo in questo settore). L’altra colonna importante di questa politica di liberalizzazione è stata data dall’abbattimento di molte barriere protettive (in particolare per i prodotti della nostra agricoltura), dalla drastica riduzione dei dazi e dei controlli doganali, e, in generale, dall’aumento del grado di apertura del nostro mercato nazionale alla concorrenza da parte di aziende straniere. Non possiamo fare, nel contesto di questo commento, un bilancio dei vantaggi conseguiti in seguito all’applicazione di queste misure.

Sono stati certamente molti e di grande portata. È però anche vero che la liberalizzazione della nostra economia ha creato anche qualche inconveniente perché vi erano, e vi sono, settori, industrie, aziende e regioni che, purtroppo, non riescono che con difficoltà a tenere il passo con la concorrenza internazionale. Da questa constatazione sono nate, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, una serie di misure e di programmi di sostegno, finanziati dalla Confederazione e dai Cantoni, orientati verso la promozione della capacità concorrenziale delle aziende, dei rami e della regioni economicamente più deboli del nostro paese. Oggi queste misure vengono rinnovate ogni quattro anni e sono contenute nel programma di promozione del cosiddetto Standort, un termine che non ha traduzione diretta in italiano ma che potremmo designare con l’espressione «attrattività economica». Lo scorso mese di febbraio, il Consiglio federale ha per l’appunto pubblicato il messaggio con il nuovo programma di promozione per il quadriennio 2020-2023. Stando allo stesso, i 373,1 milioni di questo programma dovrebbero servire alle aziende, ai rami e alle regioni meno concorrenziali del nostro paese per meglio utilizzare le opportunità offerte dalla digitalizzazione.

Finanziariamente parlando, non è che si tratti di un grosso sforzo. Rapportati al totale della spesa della Confederazione, i 373,1 milioni del programma di sostegno delle aziende, dei rami e delle regioni meno competitive del paese rappresenta qualche cosa come il ½%. Una somma che non mette di sicuro in pericolo l’orientamento liberistico della nostra politica economica nazionale. Nonostante tutto quello che nella discussione parlamentare si dirà e si farà per ostacolare l’approvazione di questa somma, tutto sommato non si tratta che di uno zuccherino. Uno zuccherino che poi, è giusto precisarlo, verrà frantumato in quattro pezzetti per promuovere i quattro obiettivi del programma, ossia: 1) il miglioramento delle condizioni-quadro delle piccole e medie imprese, 2) l’aumento della capacità di prestazione degli attori economici (in particolare nel settore dell’esportazione), 3) il sostegno della capacità concorrenziale delle regioni, 4) il rafforzamento della presenza sul mercato e il miglioramento dell’attrattività dello Standort elvetico. 

Fin qui ci è mancato il tempo per esaminare dove potrebbero finire, nel dettaglio, i 373,1 milioni del programma. L’impressione è tuttavia che, nonostante il suo titolo di grande effetto, nella pratica del giorno per giorno, una buona parte di questa somma servirà per finanziare istituzioni, progetti e misure che già sono in attività da anni, magari addirittura da prima che si cominciasse a parlare di digitalizzazione nel nostro paese. Basti ricordare che, come è già stato il caso sin qui, i due terzi o quasi della somma proposta saranno utilizzati per finanziare azioni di marketing. Si tratterà probabilmente di pubblicità digitalizzata. Ma anche questa non è una novità!