Il mondo migliore

/ 09.03.2020
di Ermanno Cavazzoni

Diceva il filosofo Leibniz che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Beh, direi che il guaio è che si muore. Uno vive, si agita, matura delle convinzioni, arriva a capire qualcosa delle regole di questo pianeta, poi muore, e tutto quello che ha capito va in fumo.

Non era possibile fare un mondo dove non si moriva? Sì, si poteva. Ma chi ha fatto il mondo, o comunque la legge biologica, ha preferito farci morire. Il problema dell’immortalità è che a lungo andare uno si usura, come si usurano tutte le cose dell’universo. Un’auto fa anche trecentomila chilometri poi è da buttare. E un uomo, anche durasse, prima o poi ha un incidente; o si lancia da un ponte attaccato a un elastico ma l’elastico non era agganciato e si sfracella sul fondo della voragine. Supponendo sia immortale, resterebbe però gravemente offeso, senza contare le inevitabili malattie; un uomo dopo tanti chilometri, come un’auto è da buttare; ma essendo immortale continuerà malamente a funzionare.

Ma, si obietterà, si possono cambiare i pezzi, nuovo fegato, nuovi polmoni; anzi, si poteva concepire l’uomo con la capacità di rigenerarsi: perde un occhio e l’occhio ricresce, ogni cellula ha il progetto completo di quell’individuo, non ci voleva molto a renderlo autoriparabile. Precipita dal ponte, e dopo qualche mese si è richiusa la testa, fegato e milza riformate. Sarebbe una buona immortalità. Quindi che sia il migliore dei mondi possibili è discutibile.

E in questa prospettiva si poteva evitare il sistema nervoso che trasmette dolore. In un’automobile si accende una spia quando non funziona qualcosa. Trovo che aver congegnato il dolore come segnalazione di un guasto sia stata un’idea pessima, per non dire sadica; oltre al danno uno deve sopportare anche la sofferenza; non si poteva più semplicemente mettere dei segnalatori acustici, o dei peli rossi che si accendono quando ci sia un’anomalia? O ancora più semplicemente: se il dolore deve fare star fermo l’individuo finché non guarisce, si poteva pensare a un congegno che lo metteva in blocco, uno cade da un ponte e rimane addormentato finché gli organi non si sono rigenerati.

Sì, direte, ma allora laggiù nella voragine sarebbe stato in balia dei carnivori e delle formiche. Ma anche un’auto in panne è in balia della ruggine e dei ladri. E così per l’umanità, uno che si è buttato e sta laggiù mentre circolano iene e sciacalli, beh l’individuo potrebbe però emettere un grido intermittente, che funzioni da geolocalizzatore per il carro attrezzi, e il suo corpo potrebbe produrre una sudorazione repellente che tiene lontano le iene e le formiche. Sarebbe allora il migliore dei mondi possibili? Beh, se non morisse mai e non provasse dolore si toglierebbero due gravi preoccupazioni. Però la morte a volte risolve problemi difficili: se Hitler o Stalin fossero stati immortali, chi ce li levava di torno?

Certo se l’umanità fosse immortale non servirebbe più fare la guerra o opprimere il popolo con le esecuzioni. Hitler potrebbe al massimo promuovere l’Unione Europea. E Stalin? Beh, Lenin e Stalin avrebbero tentato di prendere il potere, ma lo zar non lo si poteva uccidere, non avrebbero potuto affamare l’Ucraina, la guerra civile ci dovevano rinunciare, i contadini se ne sarebbero fregati della collettivizzazione, Stalin avrebbe potuto minacciare, chiedere l’abolizione della proprietà, qualcuno l’avrebbe seguito, ma come costringere la maggioranza? Con i gulag, mi si risponderà. Va bene.

Ma se i prigionieri fossero immortali non avrebbero fretta, prima o poi ci libereranno, 25 anni di gulag sarebbero una frazione insignificante di tempo; Stalin si stancherà; quindi anche il gulag non farebbe paura, a parte il fatto che non essendo uccidibili, li dovrebbero tenere dentro con la forza, dovrebbero essere più le guardie dei prigionieri, perché farebbero a chi spinge di più. Quindi uno Stalin non sarebbe esistito, sarebbe diventato prete come voleva sua madre; e poi neppure, perché l’aldilà nessuno l’avrebbe potuto promettere, i preti sarebbero inutili. Forse Stalin avrebbe fatto il ciabattino nel Caucaso, per tutta l’eternità; e Lenin non avrebbe scritto Che fare? perché non avrebbe avuto niente da fare; avrebbe forse protestato contro l’immortalità, perché senza la morte l’uomo è difficile da comandare (idem per Hitler). Ma poi la protesta non gli conveniva, meglio vivere in eterno che comandare per 4 anni e poi restare al Cremlino imbalsamato, con Stalin di fianco, imbalsamato anche lui.

Non ci fosse la morte dovremmo cambiare istituzioni e abitudini, forse ci annoieremmo, vorremmo spegnere lo spettacolo; però il mondo forse, dico forse, sarebbe leggermente migliore.