Il futuro è adesso?

/ 14.01.2019
di Angelo Rossi

Il passaggio da un anno all’altro è sempre l’occasione per riflettere sul futuro. Vi sono pubblicazioni specializzate nelle analisi delle tendenze e nella formulazione di previsioni a breve o a medio termine. Considerazioni sul futuro possono essere fatte ovviamente anche per il nostro Cantone. Come tutti gli altri Cantoni della Svizzera anche il Ticino dovrà, nei prossimi decenni, risolvere i problemi creati da una popolazione che invecchia, da uno Stato sociale che diventerà sempre più dispendioso, dalla svolta nella politica energetica e dal riscaldamento dell’atmosfera. Tutto questo, naturalmente, cercando di mantenere un livello di vita vicino a quello di cui gode attualmente la maggioranza della popolazione e senza che lo Stato intervenga con eccessivi divieti o eccessivi sussidi. Questi sono i dati di un problema di ottimizzazione di cui è difficile trovare la soluzione. Soprattutto è difficile trovare i rimedi che non faranno male a nessuno.

Una delle chiavi suggerite dagli specialisti per cercare di alleggerire il peso di questi problemi è quella di far ricorso nel modo più ampio possibile alle risorse disponibili nel paese. Risorse naturali in primo luogo che possano in parte coprire l’enorme fabbisogno in materie prime e prodotti di consumo della nostra popolazione. Ma anche risorse umane, che possano rispondere alla richiesta di forze di lavoro e di qualifiche, sempre in aumento, che proviene dall’economia, dalle amministrazioni e dai servizi sanitari e sociali. Per quel che riguarda il problema delle risorse umane siamo abituati in Ticino a risolverlo facendo ricorso al bacino della manodopera frontaliera.

Si è sempre pensato – e il primo a farlo è chi scrive – che questa fosse una soluzione win-win. Ma non si può negare che la portata dell’evoluzione, registrata negli ultimi anni, ha creato problemi che potrebbero influire in modo negativo sullo sviluppo di lungo termine. Il tasso di crescita della popolazione è, dall’inizio del secolo, in Ticino, sempre in diminuzione. Tra il 2003 e il 2008, la popolazione del nostro Cantone è aumentata a un tasso annuale pari allo 0,87%. Nel quinquennio successivo, il tasso di crescita annuale è sceso allo 0,78%. infine dal 2013 al 2017 questo tasso è diminuito di nuovo attestandosi sullo 0,69%. Siccome il movimento naturale non ha, in Ticino, nessuna influenza sull’evoluzione della popolazione dobbiamo concludere che la diminuzione dei tassi di crescita demografici deve essere attribuita a una diminuzione del saldo migratorio. Questa diminuzione può essere attribuita all’espansione del contingente di frontalieri, ossia di una manodopera che non si insedierà mai nel Cantone, risparmiando allo stesso una gran parte dei costi di un simile insediamento. Grazie all’apporto del frontalierato, il Ticino dispone dell’economia di un Cantone con 440’000, invece che con soli 350’000 abitanti.

Quali sono le ripercussioni negative di questa situazione? Sono sicuramente diverse, ma qui vogliamo accennare solamente alle riserve di lavoro che non vengono utilizzate. L’Ufficio federale di statistica pubblica, anno per anno, i dati relativi alla popolazione residente con più di 15 anni, e alla popolazione occupata. Il rapporto tra queste due variabili rappresenta una stima del tasso di attività della popolazione residente con più di 15 anni. Gli ultimi dati disponibili sono quelli del 2016. In quell’anno il tasso di attività per il Ticino era pari allo 0,57. Nei Cantoni che confinano con il Ticino, i tassi di attività erano rispettivamente 0,63 per il Vallese e 0,65 per i Grigioni e per Uri.

Questo significa, ipoteticamente, che nella popolazione residente in Ticino esiste una riserva di 20’000 persone, attualmente non occupate. Con grande probabilità si tratta, in maggioranza, di donne. Ma il tasso di attività del Ticino è particolarmente basso anche per quel che riguarda gli uomini. Il consigliere federale Schneider-Ammann, negli ultimi anni della sua permanenza in governo, si è occupato, in modo particolare, del problema di mobilitare riserve di manodopera interna. Forse anche il governo ticinese – preoccupandosi maggiormente degli aspetti pratici – potrebbe mettere in piedi un programma di mobilizzazione delle riserve di lavoro specifico per il Ticino. Perché slogan come «Prima i nostri» non bastano per mobilizzare i lavoratori in riserva. Che sia importante pensarci ce lo dicono due tendenze: nel 2017 la popolazione residente è diminuita, nel 2018, è diminuito pure l’effettivo dei frontalieri.