Gentile signora Vegetti Finzi,
eccomi ancora qui sperando di non disturbare. A proposito di regali. È stato un tempo che non ricevevo regolarmente la paga e questo negli anni Sessanta ed in Svizzera tedesca con tre figli da mantenere. Fare regali era alquanto difficile. Così un anno per l’anniversario di matrimonio non potendo spendere portai a mia moglie un pacchettino di caramelle Charms incartato e con un nastrino. Poi negli anni ho fatto tanti «regali» a mia moglie. Ebbene, pur avendo apprezzato gli altri «regali» di quando si stava bene, lei si ricorda sempre di quel piccolo pacchetto con 10 caramelle che definisce: l’unico regalo perché fatto quando non si poteva. Cordiali saluti. / Bruno
Caro Bruno,
non disturba di certo. Ogni lettore è il benvenuto nella «Stanza del dialogo», che tiene la porta sempre aperta. E grazie per aver ripreso il tema del dono con questo tenero, amabile ricordo. Lei ci insegna, in un’epoca di sprechi e di eccessi, che non è tanto importante che cosa si dona ma come si dona.
Il suo gesto, accaduto in anni difficili, rivela ciò che non sappiamo vedere: che nell’esistenza più semplice, nella vita quotidiana, si celano tesori senza prezzo, ove «quello che conta non si conta».
Mi sembra di vederla mentre, percorrendo le vie del centro traboccanti di merce preziosa e costosa, torna a casa tenendo in tasca un tubetto di caramelle Charms, quelle col buco.
La immagino mentre guarda le vetrine colme di oggetti preziosi e fantastica su che cosa regalare a sua moglie per ripagarla dell’amore e delle cure che dedica alla vostra famiglia. Nel confronto tra il tutto e il niente, qualcuno avrebbe potuto sentirsi umiliato, un altro esasperato, un altro ancora arrabbiato. Ma lei non è caduto nella trappola del rancore e ha fatto tesoro della gratitudine che provava per la compagna della sua vita. Una vita che, come tutte, avrà incontrato la gioia e il dolore, la speranza e il timore, la voglia di andare avanti e la tentazione di mollare tutto. Ma la capacità di dire «grazie» fa comunque pendere la bilancia del destino verso il meglio.
Vi sono tanti modi per dire «grazie» e quando questo accade, comunque avvenga, cambia il mondo attorno a noi: il buio rischiara, il gelo si scioglie, il cuore batte all’unisono con quello della persona che vogliamo onorare.
Vi è differenza tra «riconoscenza» e «gratitudine». Mentre la prima conclude un ragionamento formale e compie un atto razionale, la seconda esprime un sentimento profondo, intenso, decisivo, travolgente. Che sua moglie, cui era rivolto quel dono, sia davvero una «bella persona» lo rivela la gioia con cui l’ha ricevuto e apprezzato senza fare paragoni, senza lasciarsi appannare dall’invidia e dalla gelosia nei confronti di parenti e amiche più fortunate, almeno apparentemente. Ed è significativo che non se ne sia mai dimenticata e che ancora oggi, dopo tanti anni, quelle dieci caramelle risplendano come gemme nella cassaforte dei vostri ricordi.
Di solito gli ingrati hanno la memoria corta e dimenticano in fretta quanto ricevuto. Ricordare è già una forma di gratitudine. Ora mezzo secolo ci separa dagli anni Sessanta, ma voi siete sempre insieme e, mi pare di capire, innamorati come allora. Anche grazie a quell’episodio, tutto vostro che, generosamente, lei ha voluto condividere con noi: un regalo che ci aiuta a essere migliori. Nel frattempo le vostre condizioni economiche sono cambiate, in meglio, decisamente in meglio mi sembra di capire. Non per questo negate il passato, come spesso accade, nel timore che faccia ombra al presente. Se, come amo ripetere, più che la vita vissuta conta quella che ci siamo narrata, il vostro «romanzo» è davvero molto bello. Soprattutto oggi che il dissolversi delle buone maniere ha riposto la gratitudine tra i gesti superati, come l’inchino e il baciamano. Si è ingrati senza neppure accorgersene e si è riconoscenti quanto basta per ottenere favori, all’insegna dei più spregiudicati rapporti di scambio. Tuttavia, come scrive il filosofo Pier Aldo Rovatti: «Ogni dono che facciamo è naturalmente legato all’intenzione di donare e all’attesa della restituzione, dunque al circolo del dare e dell’avere: ma se tutto si riducesse a quest’ultimo legame, non ci sarebbe alcun dono. Il dono, se c’è, deve essere anche slegato dal circolo, dal calcolo. Come il tabacco, il dono, deve andare in fumo».
Ma spero, aggiungo io, che quel fumo profumi i vostri ricordi, per sempre. Buon anno e grazie a lei e a tutti i lettori.