I Torinesi e la salute

/ 29.07.2019
di Bruno Gambarotta

Approfittando della benevolenza dei lettori, proseguo nella mia antropologia del Torinese. Una folta tribù di miei concittadini è costituita da appassionati cultori di cose mediche. C’è l’Altruista che si preoccupa della tua salute e che, se ti sorprende mentre ti gratti un minuscolo foruncolo sul collo, ti mette in guardia, per il tuo bene: «Il mio collega Beccuti, poverino, ne aveva uno eguale e proprio nello stesso posto del tuo. Sempre stato bene, mai avuto niente, figuriamoci se stava a preoccuparsi per un semplice foruncolo.

Finché un bel giorno si ferma a prestare soccorso a un poli traumatizzato, lo carica sulla sua auto e lo porta al pronto soccorso. Il medico di guardia gli fa: lasciamo perdere il suo amico, parliamo piuttosto del suo foruncolo, non mi piace per niente. Non l’hanno nemmeno lasciato andare a casa a prendersi il pigiama. Ricovero, analisi, gli hanno iniettato un marcatore radioattivo, solo che hanno sbagliato dose, disgrazia vuole che in quel momento andasse in onda la finale di coppa con la Juventus e il medico è un tifoso sfegatato, non è mica un delitto tifare per una squadra, no? Con l’occhio allo schermo e la siringa in mano ha spinto un filino di troppo lo stantuffo e il mio collega è diventato un pila atomica che disturbava gli aerei in atterraggio. L’hanno dovuto ricoverare nella cassaforte della banca privata Burzio, l’unica schermata di piombo.

I titolari, con la scusa che la loro cassaforte non è convenzionata, gli hanno fatto pagare i giorni di degenza con la tariffa intera. Ma il suo sacrificio non è stato inutile, adesso con la sua energia alimenta tutte le lampade votive del Cimitero Generale. Hanno calcolato che andrà avanti fino al 2070. Una seconda tribù di altruisti torinesi raduna quelli che ti danno consigli non richiesti sulle cure mediche. Hai appena informato i tuoi colleghi che ti assenterai per qualche giorno a causa di una banale appendicectomia.

L’annuncio scatena una curiosità morbosa: «Da chi ti fai operare?» «Mi mettono nel reparto del professor Scaccabarozzi». Facce sgomente e sinceramente preoccupate: «Cosa? Ti metti nelle mani di quel macellaio? Non hai letto le ultime statistiche sulla mortalità nel suo reparto? 97 morti su 100! E quei tre si sono salvati perché il professore doveva farsi togliere una multa e li ha fatti operare dagli assistenti. Non hai letto di quel paziente del tuo professore che è costretto a seguirlo tutte le volte che viaggia in autostrada perché gli ha dimenticato nella pancia il telepass?». Ti senti perduto ma l’amico ti viene in soccorso con un suggerimento prezioso: «Perché non ti fai operare a Lione?». Per i Torinesi Lione è il paradiso in terra della medicina.

Chi c’è stato racconta la sua esperienza con occhi sognanti: «Prendi il treno alle 8 e mezza di mattina e alle 11 e mezza sei alla stazione di Lyon Perache. E già sul treno ti fanno tutte le analisi. Scendi dal treno e vai direttamente in sala operatoria. Il chirurgo, prima di addormentarti, ti fa sfogliare un catalogo, per farti scegliere con quale tipo di punto vuoi farti ricucire. Io ho scelto il punto a giorno perché fa fine e non impegna. Le camere per la degenza sono arredate secondo i vari stili nazionali, io ho scelto il polinesiano, con l’infermiera che ti riceve infilandoti la collana di orchidee. Un piccolo complesso musicale formato da dipendenti dell’ospedale tutte le sere viene a suonarti la buonanotte.

Il giorno stesso in cui ti operano ti danno il permesso di scendere al night. Si trova nello scantinato dell’ospedale, le infermiere e le dottoresse cantano, fanno la danza del ventre, le caposala accennano a uno spogliarello, il chirurgo che mi ha operato fa l’illusionista, il suo assistente le imitazioni. Unico neo, lo champagne ha ancora un leggero retrogusto di formaldeide. Spendi meno a Lione, tutto compreso, che a Torino per le mance agli infermieri».

C’è poi il Torinese che ama raccontarti l’intervento minuto per minuto. Conserva in barattoli di vetro i reperti che gli hanno estratto, l’appendice, le tonsille, i sassolini della cistifellea o del rene, il tratto di stomaco o d’intestino ulcerato. E te li mostra orgoglioso la prima volta che ti invita a cena, dopo l’intervento. Prima di mettersi a tavola: «Mi hanno infilato una sonda in un’arteria inguinale per arrivare al cuore e sul più bello è mancata la corrente. Be’, mi fanno, intanto che riparano il guasto noi andiamo a mensa, così riusciamo a mangiare ancora qualcosa di caldo. Solo che hanno lasciato l’apparecchio attaccato e quando è ritornata la corrente la sonda ha ripreso a viaggiare. Fortuna che ha trovato da sola la via giusta, altrimenti non sarei qui a raccontartela. Adesso ti operano in anestesia locale, così senti tutto quello che dicono i dottori. C’era uno che metteva piede per la prima volta in sala operatoria. I colleghi lo incoraggiavano, parlando di me gli dicevano: questo qui fallo tu, così ti fai la mano, tanto è andato. Invece eccomi qua. Quando c’è la salute...».