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I problemi non affrontati sono solo rinviati

/ 27.02.2017
di Silvia Vegetti Finzi

Gentil signora dei buoni consigli, 
ho letto la sua risposta alla signora Adriana, se ben ricordo, non ho più il giornale, lei fa un esame psicologico della donna ma non cita l’uomo. Che dire, sarà perché è innamorato ma, la dignità non vive con lui. Lascia un appartamento per andare a vivere dove non può nemmeno esporre le foto dei suoi cari. Non ha dove sistemare gli indumenti, i libri ed il resto. Forse gli sarà permesso mettere il suo spazzolino da denti in bagno. Non è che uno che accetta simili situazioni faccia troppo onore alla mia categoria, d’altro canto anche la scrivente è nebulosa e non sa cosa sia la dignità. La saluto con deferenza e simpatia augurandomi che la scrivente abbia voluto descrivere una situazione che, probabilmente, è migliore. Cordiali saluti. / Bruno

Caro signor Bruno (ometto, come sempre, il cognome per proteggere la privacy di chi scrive),
innanzitutto grazie per essere entrato nella «stanza del dialogo» che, come dice il nome, si avvale proprio dei vostri interventi. Lei si riferisce alla lettera precedente, quella scritta dalla signora Adriana, che riassumo brevemente per chi non l’avesse letta.

Adriana ha quarant’anni ed è soddisfatta della sua vita da single. Ma, all’improvviso, si innamora ricambiata di un coetaneo col quale è disposta a convivere. Tuttavia, per non abbandonare il «guscio» che la protegge, preferisce ospitarlo a casa sua. Seppure razionalmente entusiasta dell’idea, frappone all’ospite mille ostacoli: gli preclude l’uso dell’armadio, della libreria, della scarpiera, del ripiano su cui allineare le foto della sua famiglia…Poiché non riesce a comprendere perché si comporta così, chiede aiuto alla «stanza del dialogo». E naturalmente lo ottiene. Nella mia risposta cerco di spiegarle che la sua disponibilità è ostacolata da uno sviluppo affettivo ancora incompiuto. Che il doppio messaggio che invia all’oggetto d’amore (vieni, ma non del tutto, vai ma non definitivamente) rivela l’incapacità di accettare l’ambivalenza: il fatto che siamo tutti un po’ buoni e un po’ cattivi e che, per metterci in coppia, dobbiamo trovare la giusta distanza in modo da non sentirci invasi e, nel contempo, non sentirci soli.

Ma il signor Bruno non contesta la mia interpretazione (sempre ipotetica), bensì il fatto che io non abbia analizzato l’uomo che accetta una situazione così umiliante. Non l’ho preso in considerazione perché nessuno me l’ha chiesto. Il quesito riguardava esclusivamente la scrivente. Ma, in realtà, l’osservazione è giusta e opportuna. Nei rapporti di coppia nessuno procede da solo: il gioco delle parti è sempre inconsciamente condiviso. Se l’ospite accetta una situazione così vessatoria vuol dire che, in fondo, va bene anche a lui, che le remore della padrona di casa esprimono anche le sue resistenze.

La possibilità di affittare insieme un appartamento più idoneo è stata scartata immediatamente in quanto spaventava anche lui. Significava infatti assumersi un impegno economico, organizzativo e affettivo che, per ora, risulta prematuro. In fondo i due innamorati si conoscono solo da tre mesi e una certa prudenza è comprensibile e forse auspicabile. Ciò che manca tra di loro è piuttosto il dialogo: la volontà di interrogarsi, di confidarsi e di ascoltare le motivazioni dell’altro. Con una differenza però, che Adriana si è posta il problema e ha preso atto che, da sola, non riusciva a fare chiarezza, a comprendere le motivazioni profonde dei suoi altalenanti comportamenti. Il suo compagno invece sembra vivere alla giornata, in attesa che le contraddizioni si risolvano da sole, nel solvente dell’abitudine. Ma, in questi casi, il problema non affrontato, si sposta semplicemente. Viene rinviato a più tardi o proiettato su un altro pretesto, col risultato di occultare sempre di più i motivi del contendere.

Molti casi di separazione coniugale improvvisi e apparentemente immotivati rappresentano proprio il riemergere di mine vaganti depositate sul fondo limaccioso della quotidianità, per quieto vivere, per non mettere a rischio la relazione. Ma, come dice Freud, i conflitti buttati fuori dalla porta rientrano dalla finestra.

La difficoltà di ammettere che qualcosa non va e che occorre affrontarlo insieme credo vada attribuita più agli uomini che alle donne. Negli ultimi decenni infatti le donne, anche grazie al femminismo, si sono interrogate, analizzate, confrontate. I loro compagni invece non hanno ancora compreso, almeno molti di loro, che per cambiare la realtà occorre cambiare innanzitutto sé stessi.