Se piangono, sono amati. Adesso va così, piace l’uomo che non nasconde i sentimenti, basta machos ora i social lodano, e le donne amano, l’uomo che lacrima in diretta. Ma che cosa significa questo amore per la sensibilità, per la fragilità? I filosofi hanno parlato di gestione delle passioni. Aristotele raccontava di una vita virtuosa se vissuta al di sopra dei due estremi viziosi: né prodigo né avaro, per esempio, l’uomo buono si sa porre nella giusta misura che connota chi sa utilizzare i beni materiali in maniera equilibrata. Come avranno affrontato le prossime feste natalizie e di inizio d’anno i grandi pensatori? Che cosa avrebbero detto della facile lacrima che oggi tanto piace?
Non è difficile pensarlo, metterli in un immaginario presepe fuori dal tempo. Per prima cosa si sarebbe creata una divisione, lacrime sì lacrime no. Stoici ed Epicurei sarebbero inorriditi di fronte a stelle, canti e pastorelli, atti a smuovere il cuore. Nulla deve turbare l’uomo saggio, che raggiunge il sommo piacere proprio nel nulla sentire. Nel presepe, l’epicureo è il pastorello che dorme, lo stoico quello che si volta dall’altra parte perché non vuole proprio sentire i canti degli angeli e le esclamazioni di meraviglia dei Magi. Un altro sembra distratto, ha la bocca aperta e non guarda la grotta, almeno non dentro. È Platone, che sa di essere uscito dalla caverna, per questo non degna di uno sguardo il Bambinello, e rimane estasiato nella contemplazione degli angeli. Non importa che cantino frasi dal significato misterioso, come «Gloria nell’alto dei cieli», questi esseri gli sembrano proprio la dimostrazione dell’esistenza delle idee: sono tantissimi, infiniti, e nessuno è uguale all’altro, proprio come i principi primi, che sono sì l’idea, per esempio, di cavallinità, ma anche l’idea di questo cavallo che ho davanti ai miei occhi.
Aristotele dileggiò questa folla di idee, dove vuoi arrivare, domandava a Platone, se per ogni cavallo che vediamo dobbiamo supporre animalità, cavallinità, corporeità, fino ad arrivare all’idea del singolo e determinato ronzino. Ma quest’anno il presepe riserva altre sorprese: alcuni signori si contendono la creatura, si strappano il bambino di mano. Sono gli uomini commossi, c’è Agostino di Ippona, c’è Alfonso Maria de’ Liguori – che sui due piedi inventa e canta Tu scendi dalle stelle – c’è Blaise Pascal, che riflette. Dunque dunque, se credere è una scommessa, e mal che vada la perdo ma ho comunque vissuto con la speranza, che è gran cosa, ma che devo scommettere, se quelli cantano e il bambino è vero, santo cielo prendetelo voi, che noi uomini del Seicento sappiamo commuoverci e far piangere, ma non abbiamo idea di come si afferri un neonato.
Sospirano le donne filosofe, poche ma tipetti non da nulla. Quasi nessuna di loro è madre in senso carnale, per motivi disparati, ma tutte sanno usare della loro intelligenza e del loro cuore per sapere come gestire un neonato. Non proprio tutte: la prostituta che frequentava il Giardino di Epicuro e l’alessandrina Aspasia sono molto prese dalla teoria, sono le statuine che fanno le loro cose lontano dalla grotta: la donna che fa il pane, quella che cura le oche. Però la moglie e la figlia di Pitagora, e poi Ildegarda di Bingen, fino a Simone Weil e Hanna Arendt non hanno bisogno di lezioni, nonostante Julia Kristeva si affanni a spiegare loro il senso della maternità. Ma Julia è vivente, quindi le altre non la vedono, il suo melodioso francese, con accento vagamente bulgaro, non arriva alle orecchie dei protagonisti del presepe. Si noti comunque che nessuna delle ragazze piange, con grande senso pratico organizzano la vita del neonato e della madre, senza lasciarsi andare a sentimentalismi.
Versa lacrime invece Hans Jonas, che aveva detto che dopo Auschwitz non si sarebbe potuto pensare a un Dio buono: come dare del cattivo a un bimbetto? Piange Benedetto Croce e di rabbia piange Georg Frederich Hegel: dunque non sono io il culmine della storia dello Spirito? Non è il mio pensiero l’ultimo tassello di un divenire che infine si coniuga nella triade arte-religione-filosofia, dove quest’ultima è sintesi e superamento delle altre realtà? Non era Napoleone, che quando lo vidi mi sembrò lo Spirito Assoluto a cavallo, oppure siamo di nuovo vittime delle «astuzie della Ragione» che utilizza la libertà dell’uomo per raggiungere i suoi scopi perfetti? Hegel è quel signore anziano seduto vicino alla grotta, che non si capacita di non sapere né il quando né il dove. Si compiace invece Karl Marx, guarda guarda che vita da proletari, questi poveretti che non trovarono posto in nessun albergo.
A Giuseppe e Maria, infatti, sarebbe bastata una stalla all’interno degli enormi recinti dove la notte si ricoverano animali e pastori. Ma niente, non c’era posto per loro, si dovettero accontentare di una grotta, dei pastori, di un bue e di quegli asini dei filosofi.