L’emigrazione è sempre stata un fattore determinante per la demografia ticinese. Come è capitato, per secoli, anche nel caso di altri territori alpini, la terra non ha mai dato abbastanza da vivere alla sua popolazione. E quindi una parte della stessa, per potersi sostenere e assicurare un aiuto economico alle proprie famiglie, era costretta ad emigrare seguendo gli itinerari dell’emigrazione stagionale o di quella definitiva.
La situazione per il Ticino cambiò radicalmente all’uscita dalla seconda guerra mondiale quando il Cantone da esportatore diventò importatore di forza lavoro e i ticinesi smisero di emigrare. Ora, se consideriamo i dati fornitici dalla statistica come indicatori di una tendenza in atto, l’emigrazione dei ticinesi ha ricominciato ad aumentare, a tassi significativi. Di quanto sta succedendo in materia di partenze dal Ticino ci parlano Francesco Giudici, Matteo Bordoli e Danilo Bruno in un interessantissimo articolo apparso nel numero più recente della rivista «Dati» dell’USTAT. La ricerca di questi autori si concentra sul periodo 2012-2016 caratterizzato per l’appunto dall’inversione di tendenza di cui si è già detto.
Conviene dapprima precisare che, attualmente, il saldo migratorio, ossia la differenza tra gli arrivi e le partenze, è sempre ancora positivo e oscilla sulle 2000 unità. A partire dal 2013, tuttavia, il saldo migratorio positivo ha cominciato a diminuire e, in tre anni, dal 2013 al 2016, si è ridotto di più della metà per l’effetto combinato di una diminuzione degli arrivi e di un aumento delle partenze. Ma dove vanno i partenti? Sette su dieci delle persone che lasciano il Ticino vanno all’estero, mentre le altre tre scelgono come nuova residenza un altro Cantone elvetico. Si tratta di un fenomeno di emigrazione selettiva. Gli autori di questa ricerca hanno esaminato la composizione della popolazione che ha emigrato nel 2012 e nel 2016.
In questi due anni la quota più elevata di migranti (circa il 50%) è costituita da donne e uomini nella classe di età da 20 a 39 anni. Notiamo, per dare la possibilità di un confronto, che, nel totale della popolazione, il peso di questa classe di età è solo pari al 22%. Ed è anche in questa fascia di età che si osserva l’aumento più forte di partenze, tra il 2012 e il 2016. Aggiungiamo che, contrariamente all’emigrazione di un tempo, che riguardava quasi esclusivamente gli uomini, oggi le donne emigrano dal Ticino in misura più o meno equivalente a quella degli uomini. Un altro dato significativo, riguardante la struttura per classi di età dei partenti, è che verso l’estero emigrano praticamente solo le persone in età lavorativa. Nell’emigrazione dal Ticino di oggi i rientri di immigrati che vanno in pensione e tornano al loro paese, sono quindi diventati un’entità trascurabile.
Importante è invece però il rientro di persone ancora in età lavorativa. Si tratta non solo di persone immigrate in Ticino nel passato, ma anche di stranieri nati in Svizzera e che rientrano nei paesi di origine dei loro famigliari. Quasi i due terzi delle partenze verso l’estero sono costituite dagli stranieri. Il contingente di svizzeri, nati in Svizzera, che vanno all’estero è più modesto ma cresce rapidamente. Erano 602 nel 2012 e sono saliti a 868 nel 2016. La maggior parte degli emigranti verso l’estero sceglie come destinazione l’Italia. Altre destinazioni significative ma contenute sono Spagna, Germania e Gran Bretagna.
Gli autori hanno stabilito, infine, calcolando tassi migratori per classi di età, che, per quel che riguarda le migrazioni internazionali, sono i giovani dai 20 ai 24 anni quelli che possiedono il tasso di partenze più elevato, mentre per le migrazioni intercantonali il tasso più elevato è nella classe d’età dai 25 ai 29 anni. Questi valori elevati potrebbero corrispondere al fatto che molti giovani svolgono parte dei loro studi universitari all’estero e quando rientrano trovano il loro primo impiego in un altro Cantone svizzero.
Aveva quindi ragione Elio Venturelli quando, un paio di anni fa, avvertiva che la caduta del tasso di disoccupazione giovanile in Ticino era da attribuire, in buona parte, all’aumento delle partenze di giovani lavoratori verso mercati del lavoro fuori dal Cantone.