Quattro presidenti francesi, una sola cancelliera tedesca, sempre lei, Angela Merkel, regista e custode dei destini europei degli anni Duemila. Elle et nous – Merkel, un OVNI politique, un saggio che uscirà in Francia a fine agosto di cui «Vanity Fair» ha pubblicato un’anticipazione, racconta il motore franco-tedesco attraverso i rapporti personali tra la Merkel e i presidenti francesi che ha incontrato sulla sua strada, Jacques Chirac, Nicolas Sarkozy, François Hollande e il più amato, per ora: Emmanuel Macron. L’autrice è un’ex reporter del «Monde», Marine Van Renterghem, e molti incontri li ha raccontati in presa diretta, con i dettagli dei preparativi, le ricerche nella borsetta che sono ormai diventate un dettaglio-simbolo della cancelliera, e l’atteggiamento dei francesi, sempre pronti a rivendicare un’autonomia poco concreta, salvo poi lasciarsi ammaliare dall’ironia merkeliana, e dalla sua leggendaria determinazione.
Ora il sodalizio dei «centristi radicali», come li chiama la Van Renterghem, quello tra Merkel e Macron, sembra proiettato verso un futuro radioso. Tutto è cominciato con la giacca rosa che la cancelliera ha scelto per il suo primo incontro con l’allora candidato presidente francese, a marzo, diventata un meme sui social, come se fosse una dichiarazione d’amore. Il fatto che la moglie di Macron, Brigitte, abbia la stessa età della Merkel poi ha fatto degenerare l’interpretazione della liaison tra i due leader politici in ambiti che è saggio non approfondire troppo. Merkel, che governa in grande coalizione con i socialdemocratici, artista del compromesso, ha sempre ammirato quel ragazzo che andava ripetendo di non essere «né di destra né di sinistra», un modo alternativo al negoziato, l’esatto opposto anzi, che poi però precipita nello stesso identico posto, quello al centro. È qui che si ritrovano i due leader, muovendosi in sincrono, ammirandosi e sorridendosi. Ma al di là della chimica personale – che è comunque importante, quando manca è un disastro, basti pensare agli sguardi gelidi e pesantissimi di altri leader e alle conseguenze per il resto del mondo – quanto è solido oggi il motore franco-tedesco? E soprattutto: reggerà nel tempo?
Da un punto di vista geostrategico, la Merkel sta lasciando a Macron il ruolo di mediatore. Lei ha detto all’Europa: rimbocchiamoci le maniche e assumiamoci le nostre responsabilità, non stiamo ad aspettare l’aiuto – che non arriverà – del mondo anglosassone, Donald Trump non è affidabile e la Brexit allontana il Regno Unito. Macron al contrario lancia ponti: è freddino con Londra, perché vuole accaparrarsi il business in fuga dalla City, e la competizione è altissima. Ma ha invitato Trump alla parata del 14 luglio, per ricordare un’alleanza storica e per creare un’alternativa all’isolamento cui pare destinata l’America. Allo stesso modo, Macron ha invitato a Parigi Vladimir Putin: è stato durissimo, con lui al fianco, sulla questione della propaganda antioccidentale dei media russi, ma sui dossier importanti, Siria e Ucraina in testa, Macron è stato molto conciliante e aperturista. C’è chi sostiene che quest’attivismo non sia in realtà coordinato con Berlino e che anzi crei un po’ di fastidio: Macron fa ombra alla Merkel era il titolo di un articolo molto citato pubblicato la scorsa settimana. Ma più che la postura internazionale, contano gli ambiti di collaborazione o scontro effettivi: il surplus tedesco che fa dannare Trump risulta indigesto anche per la Francia, che vorrebbe maggiori investimenti nel sud dell’Europa; l’integrazione monetaria e finanziaria implica una rinuncia alla sovranità che per Macron – e per i francesi tutti – è inalienabile; i progetti comuni nella difesa procedono con il «jet franco-tedesco», ma sulla creazione di un esercito comune ci sono pochi movimenti collegati (vale per tutti i paesi dell’Ue, va detto). Al fondo poi c’è la volontà concreta di Macron di fare riforme: Merkel ha dimostrato sul campo quello di cui è capace; per ovvi motivi di tempo il presidente francese sta passando dalla fase degli annunci a quella dei fatti, e la transizione è tutt’altro che tranquilla. Merkel si fida dell’enfant prodige, ma i commentatori tedeschi stanno diventando sempre più gelidi e sospettosi. L’unico a non demordere è Martin Schulz, candidato dell’Spd alla cancelleria, che viaggia molto in basso nei sondaggi ma aspira a scalzare la Merkel: per Schulz la luna di miele con Macron non è nemmeno cominciata, e così ancora può dire al presidente francese: guardami, il tuo alleato a Berlino sono io.