Sarà la vecchiaia, o magari solo una recrudescenza dello scetticismo che da sempre mi accompagna (lui davanti e io dietro, ovviamente). Fatto sta che da inizio mese mi trovo alle prese con una sensazione difficile da spiegare, un po’ simile a quella che si percepisce quando in auto si guida per troppo tempo a marcia indietro, o guardando nei retrovisori, e ci si ritrova con la mente scombussolata, si sente la necessità di fermarsi, di guardare avanti, di ritrovare una marcia normale. Proverò a spiegarla meglio rifacendomi ad alcune notizie che ritengo abbiano contribuito a procurarmi e a influenzare la condizione descritta.
La brutta sensazione ha preso corpo nei giorni che hanno preceduto un viaggio a Lucerna per assistere finalmente a un recital del pianista Maurizio Pollini (in primavera a Lugano aveva dovuto disdire l’appuntamento, tornerà a novembre). Ma si è decisamente manifestata la domenica mattina sul treno davanti a due pagine dedicate da «Il Caffè» alla notizia che il nostro Cantone, in Svizzera porta la maglia nera del tasso demografico! L’allarme, a dire il vero, avrebbe potuto già scattare lo scorso anno, quando i dati dell’Ufficio federale di statistica (conservo i dati della NZZ del 18 giugno) dicevano che in Ticino e nei Grigioni, quindi in tutta la Svizzera italiana, il detto «meno bambini, più anziani» aveva ricevuto una triste conferma: nel 2016 il tasso di fertilità per ogni donna in Ticino era di 1,37 figli, rispettivamente 1,48 per i Grigioni.
Più che sull’invecchiamento ormai costante (un tempo lo si archiviava con l’elevato numero dei «senior» che scelgono la Sonnenstube per i loro ultimi inverni...) ora occorre chinarsi su questo primato non solo triste, ma anche pericoloso, soprattutto se politicamente si continuerà a gestirlo con i soliti incentivi economici rivolti alle nuove coppie. A confermare fin dove stanno già arrivando le conseguenze del saldo demografico della nostra popolazione c’è la notizia dell’aumento del numero dei frontalieri che negli ultimi mesi da 64 mila si sono portati oltre le 66 mila unità. Sarò anche scettico, ma dal parallelo fra meno nascite e più lavoratori importati ricavo l’immagine di un Ticino impegnato più a scrutare i retrovisori che a guardare le difficoltà del cammino futuro. Lucerna dunque, per poche ore, oltretutto con pioggia.
Tra le tante fortune del Kkl (il Lac lucernese) c’è anche la sua «location»: dal treno si arriva all’ingresso del centro culturale percorrendo il piano sub della stazione. Impossibile non notare quel che si muove lungo questo tragitto, cioè una marea di gente solo in parte interessata ai treni, molto di più a negozi, ristoranti e servizi che la struttura ospita. Lasciamo perdere i paragoni con le nostre due nuove stazioni, difficile però impedire un accostamento con la notizia dell’ennesima puntata della telenovela ticinese riguardante la legge sugli orari dei negozi. Unia ha deciso di prolungare ulteriormente l’effetto delle due (ultra ventennali!) vittorie contro le decisioni del legislativo cantonale.
Cronaca del «Corriere del Ticino»: «La strada per l’entrata in vigore della nuova legge sugli orari dei negozi si fa sempre più impervia e tra Commissione paritetica e sindacato UNIA negli scorsi mesi è andata in scena una guerra delle lettere. Tanto che la norma approvata dal popolo nel 2016 con il 59,2% di sì rischia di rimanere ancora a lungo ferma al palo». Bene. Sommessamente lancio un’idea: la prossima riunione della paritetica venga indetta una domenica mattina alle 10.30 alla stazione Ffs di Lucerna. Così, tanto per avere prove e certezza che anche in questo campo occorre smettere di guardare nei retrovisori e cercare piuttosto soluzioni concrete e durature. Accennavo in avvio alla probabile matrice della sensazione di disagio avvertita già nei giorni precedenti la trasferta domenicale a Lucerna. Il mio «malaise» è iniziato dalla fattura che Swisscom mi ha inviato su carta, dato che non ho abbonamenti mobile.
Difatti trovo il costo per questo servizio: 1,90 fr. al mese. In fondo al conteggio trovo però anche tre righe in più, un avviso che a partire dal 1. ottobre Swisscom mi addebiterà 2,90 fr. e pare voglia aggiungere altri 3 fr. per pagamenti agli sportelli. Ora, non è certo risparmiando 60 o 70 franchi all’anno che la mia situazione economica migliorerà. Inoltre c’è il rischio che Swisscom possa dirmi che l’addebito è necessario perché la Posta ha aumentato le tariffe per i suoi servizi... Avrei diverse domande su quello che considero un ennesimo raggiro per frugare nelle tasche dei clienti, in particolare degli anziani. Solo una da esprimere pubblicamente: la nuova gabella servirà per mantenere il posto di chi lavora agli sportelli o chi l’ha studiata guardava nei retrovisori e progettava chiusure di uffici e servizi postali?