Gli spettri del passato

/ 22.07.2019
di Paola Peduzzi

Minacce, aggressioni, omicidi. La Germania sta attraversando una fase di incertezza molto profonda, che a molti fa fare un salto all’indietro, negli spettri di un passato spaventoso. Joe Kaeser, direttore generale di Siemens, una delle aziende-simbolo del sistema tedesco, ha ricevuto una minaccia di morte da un account e-mail fatto così: adolf.hitler@nsdap.de. «I tipi come te devono fare la fine di Lübcke», diceva il messaggio, e Walter Lübcke è il politico cristianodemocratico che è stato ucciso a giugno nel patio di casa sua: un colpo di pistola molto ravvicinato.

A differenza di molti suoi colleghi (tedeschi e no) che si tengono ben lontani da commenti e interventi che possono avere effetti collaterali anche fastidiosi, Kaeser è un manager molto politico: attivo sui social, si è infilato in questioni che pure molti politici maneggiano con fatica. Molto critico con i deputati e i leader dell’Alternative für Deutschland, Kaeser si è rifiutato di andare a una conferenza di businessmen a Riad dopo l’uccisione del giornalista saudita Jamal Khashoggi (il principale indiziato è il principe «riformatore» Mohammed bin Salman) e da ultimo ha anche difeso Carola Rackete, capitano della SeaWatch diventato simbolo internazionale delle politiche sull’immigrazione dei governi sovranisti (quello italiano), «arrestata per aver salvato vite umane», ha detto Kaeser. Che di fronte all’email di minacce ha twittato, ironico e tragico: «La digitalizzazione è arrivata all’Inferno: ora anche il diavolo ha una mail».

Ecco, il diavolo sembra un po’ ovunque e come spiegano tutti gli esperti di intelligence sembra imprendibile: perché è il diavolo della porta accanto e negli ultimi vent’anni i servizi segreti si sono preoccupati di individuare e prevenire minacce esterne – i fondamentalisti islamici in particolare – e ora si trovano impreparati di fronte a minacce, aggressioni e omicidi organizzati da gruppi di estrema destra d’ispirazione neonazista. Anche in questo caso, come è accaduto con il terrorismo islamico, si parla di «lupi solitari», ma proprio come accade con lo jihadismo di solitario c’è ben poco: c’è sempre una rete, uno scambio, una collaborazione pure quando i terroristi dicono di avere agito da soli.

L’omicidio di Lübcke ne è stata la dimostrazione, perché Stephan Ernst, l’autore dell’omicidio, quarantacinque anni, era conosciuto ai servizi, aveva partecipato a manifestazioni neonaziste – compare in alcune foto – e anche se ha detto di avere agito da solo, sono state arrestate altre due persone che hanno fornito quel sostegno logistico (armi) che fa sì che possa parlare di cellule terroristiche. Ernst ha confessato l’omicidio e il movente: Lübcke era a favore delle politiche di accoglienza del suo partito, la Cdu di Angela Merkel al governo. Meritava di morire, lo hanno detto anche molti sui social, confermando che di solitario non c’è proprio niente.

Qualche giorno fa, il sindaco socialdemocratico di Hockenheim, Dieter Gummer, è stato aggredito da uno sconosciuto che ha suonato alla porta di casa: un pugno in faccia e Gummer, che ha 67 anni, è sindaco della città dal 2004, tra qualche settimana andrà in pensione, è caduto pestando la testa. È stato ricoverato, non si sa ancora nulla né dei danni che ha subito né dell’aggressore, ma la paura che anche in questo caso si possa parlare di tentato omicidio politico è alta. Anche perché si stanno accumulando notizie di questo genere. Henriette Reker, sindaco indipendente di Colonia, la città delle prime manifestazioni di Pegida, movimento d’ispirazione neonazista, contro le politiche di accoglienza della Merkel, aveva reagito alla morte di Lübcke con una frase che è anche il suo motto: «Non un passo indietro».

La Reker sa di cosa parla, nel 2015 era stata accoltellata alla schiena da un estremista, si era salvata e il suo aggressore era stato arrestato. Ma «non un passo indietro» è risuonato forte, così anche lei ha ricevuto di recente una email di minacce: «La fase di pulizia è iniziata con Walter Lübcke. Ma ce ne saranno altri dopo di lui. Inclusa tu. La tua vita finirà nel 2020». Anche Andreas Hollstein, sindaco di una piccola cittadina, Altena, ha ricevuto minacce simili e anche lui un paio di un anno fa era stato aggredito: stava mangiando in un ristorante etnico, un uomo lo aveva afferrato alla gola con in mano un coltello. Il movente? Sempre lo stesso: le politiche di accoglienza. Anche una fondazione che si occupa di monitorare l’estrema destra, la Amadeu Antonio Foundation, ha ricevuto un messaggio dall’Inferno: la Germania sarà «ripulita dagli ebrei e dagli altri parassiti stranieri».

Le intelligence sono al lavoro, stanno cercando di ricostruire sostegni, reti, incroci, la minaccia interna è tornata a essere potente, ogni giorno si aggiunge un pezzetto a questo puzzle che sembra sbucato da un passato dimenticato. L’Europa che cerca di controllare le sue frontiere e che cerca di ritrovare un’unità perduta sta riscoprendo il terrore degli omicidi politici: il primo di questa serie risale al 2016, quando fu uccisa in Inghilterra la parlamentare laburista Jo Cox. L’omicidio avvenne a una settimana dal referendum sulla Brexit e fu strumentalizzato dalle logiche prevalenti in quel momento, come se ammazzare una parlamentare contraria alla Brexit potesse in fondo aiutare il campo del remain. Non si voleva vedere niente, non si voleva capire niente: l’assassino era un neonazista che gridava Britain First.