Fuori dalla crisi: adesso!

/ 26.08.2019
di Angelo Rossi

Il titolo di questo articolo è stato permutato da un saggio che Paul Krugman, premio Nobel dell’economia, ha scritto qualche anno fa per dimostrare che, addirittura a livello mondiale, era arrivato il momento di smetterla di parlare di crisi. Krugman avrà mille ragioni per affermare che siamo usciti dal tunnel della grande recessione, a livello mondiale, avviata dalla crisi bancaria dei cosiddetti «subprime» negli Stati Uniti. Non solo, ma può darsi anche che la sua opinione venga ascoltata e approvata quasi dappertutto. Ciò nonostante, non troverà il consenso dell’opinione pubblica ticinese. In Ticino quando si parla di economia lo si fa per denunciare una situazione di crisi permanente.

È vero che qualche organizzazione di parte – come la Camera di commercio a volte, come l’AITI, in altre occasioni – interviene con comunicati stampa nei quali si mette in evidenza questa o quella prestazione più che positiva della nostra economia. È altrettanto vero che dai ricercatori che si occupano dell’attualità economica sono state pubblicate, specie nel corso degli ultimi mesi, analisi incoraggianti sul divenire della stessa. Ciò non toglie che nel paese continui a dominare il sentimento che l’economia del Cantone Ticino è in crisi anche se i dati dell’andamento congiunturale e della crescita a medio termine sono lì per smentire il fondamento di questa opinione.

Vediamo: la grande recessione ha provocato una diminuzione del prodotto interno lordo del Ticino pari al 2%, nel 2009. Dal 2009 al 2016 , il Pil ticinese ha invece conosciuto tassi di variazione annuali positivi. Nel 2010, nel 2011, nel 2013 e nel 2014, il tasso di crescita del Pil è stato superiore al 2% il che deve essere ritenuto come un’ottima prestazione, specie se riferita a quanto realizzato nel resto della Svizzera e in altri paesi europei. Non disponiamo ancora delle stime per il 2017 e per il 2018; possiamo tuttavia affermare che la crescita del Pil ticinese (ai prezzi dell’anno precedente) è stata vicina, anche in questi due anni, al livello del 2%. Ma il carattere eccezionale del lungo periodo di crescita che ha seguito la grande recessione del 2009 lo si rileva soprattutto nell’andamento del mercato del lavoro. Nel corso degli ultimi dieci anni si è registrata una diminuzione consistente della disoccupazione e un aumento, pensiamo senza precedenti, dell’occupazione. 

Il tasso di disoccupazione (SECO) è sceso dal 4,9%, nel 2009, al 3,4%, nel 2017. Nel corso del 2018 e del 2019 ha continuato a scendere ma ancora non disponiamo della statistica ufficiale annuale. È probabile però che in questi due anni il tasso di disoccupazione ticinese si sia avvicinato al livello del 3% o anche meno. Per quel che riguarda l’occupazione possiamo rilevare che dal 2009 al 2017 sono stati creati in Ticino 30’000 nuovi posti di lavoro (al netto delle diminuzioni per chiusura di aziende o cessazione dell’attività). In termini relativi l’aumento complessivo è stato del 15,4%. Ricordiamo poi ancora che, dal 2009 a oggi, il tasso di inflazione è stato minimo. Insomma, se consideriamo l’andamento dell’economia ticinese nel suo insieme, nel corso degli ultimi dieci anni, non possiamo esprimere che un giudizio positivo. Altro che crisi!

Non sarebbe però giusto non rilevare che il giudizio positivo complessivo nasconde qualche aspetto che dovrebbe continuare a preoccuparci. Il primo, e certamente il più importante, è costituito dalla ristrutturazione del settore bancario e finanziario. Nel corso degli ultimi dieci anni non sono andati persi solamente diverse migliaia di posti di lavoro in questo settore, ma si è affievolita notevolmente anche la sua influenza positiva sull’evoluzione della produttività complessiva dell’economia ticinese. Siccome la produttività, anno sì, anno no, diminuisce, i salari in Ticino crescono molto lentamente e certamente più lentamente che nel resto della Svizzera. Poi ci sono le preoccupazioni create dal futuro della digitalizzazione e della robotizzazione. Ma, prima di parlare di crisi dovremmo dare tempo al tempo. Quella dei «subprime» è oramai più che dimenticata e la prossima ancora non si delinea all’orizzonte dell’economia ticinese.