Economia aperta: vantaggi per il Ticino?

/ 17.12.2018
di Angelo Rossi

In Il Ticino: un’economia locale e globale, Analisi dello spazio di produzione e degli scambi commerciali, uscito recentemente da Dadò, Federica e Rico Maggi vanno alla ricerca di argomenti in favore di un’economia ticinese aperta. Intendiamoci: sono più di 200 anni che gli studiosi che hanno esaminato l’economia del nostro Cantone hanno messo in evidenza come la stessa, per la sua posizione periferica in Svizzera, la sua piccola dimensione, l’assenza di materie prime, per le condizioni difficili in cui si esercitava l’agricoltura, dapprima, e, in seguito, l’attività industriale, per la carenza di capitali, manodopera e imprenditori, e per molte altre ragioni, non poteva prosperare se non come sistema aperto agli scambi interregionali e internazionali. Ma siccome oggi stiamo assistendo al ritorno del protezionismo – e non solo a livello dei mercati mondiali – è forse più che utile che i nostri economisti ci ricordino in che misura il nostro benessere dipende dalla nostra posizione in Europa e dagli scambi con il resto del mondo.

Che non sia così facile stabilire i vantaggi effettivi di un’economia aperta ce lo prova però la prima parte di questo studio, dedicata al commercio internazionale. Per la prima volta, credo, lo studio di Maggi e Maggi ci consente di confrontarci con una statistica delle importazioni e delle esportazioni del Cantone per il periodo 2000-2016. Dalla stessa veniamo a sapere non soltanto quanto l’economia ticinese importa e esporta, ma anche quali sono i rami maggiormente esportatori e quale sono le direzioni che prendono le nostre esportazioni. Fermiamoci a considerare questi due flussi che sono certamente tra gli aggregati più importanti della nostra domanda globale. Esportazioni e importazioni hanno praticamente un andamento analogo. Crescono, in termini nominali si pensa, fino alla crisi del 2008; in seguito mettono in evidenza una tendenza alla diminuzione. È peccato che i due autori non abbiamo, almeno in appendice, fornito i dati concernenti le importazioni e le esportazioni. Così, partendo dai grafici riprodotti nel loro studio, è difficile determinare quale sia stata l’evoluzione del saldo delle partite visibili della bilancia commerciale ticinese.

Così, a vista, sembrerebbe però che siano stati più gli anni in cui prevalga un saldo negativo di quelli in cui il saldo sia stato positivo. Sembrerebbe così che, anche per il ventunesimo secolo, valga la constatazione fatta dal Franscini, verso il 1840, stando alla quale: «Certa cosa è a prima vista che se vi ha paese a cui la bilancia si dee giudicare sfavorevole, quello si è il nostro.» Ma noi sappiamo anche che, fin dai tempi del Franscini, il saldo negativo delle partite visibili del Ticino veniva compensato da quello positivo delle partite invisibili. In quei tempi si trattava delle rimesse degli emigranti e dei redditi di capitali investiti all’estero. Oggi probabilmente si tratterà di proventi dall’attività turistica e, di nuovo, di redditi da capitali investiti fuori Cantone.

A preoccupare, però, è la tendenza alla diminuzione, manifestatasi a partire dalla crisi economica del 2008. La stessa è probabilmente all’origine del saldo negativo nelle partite visibili della nostra bilancia commerciale. Se fosse così, sarebbe anche possibile che i flussi di merci internazionali non abbiano, nel corso degli ultimi anni, dato un grande contributo alla crescita del prodotto interno lordo del Cantone. Ora, gli anni dal 2011 al 2015 sono tuttavia proprio quelli in cui il Pil ticinese è cresciuto più rapidamente di quello svizzero. Se non sono state le esportazioni a determinare questa crescita eccezionale dell’economia cantonale devono essere stati gli aggregati «interni» della stessa, come i consumi privati, gli investimenti e la spesa pubblica.

Siccome, per ragioni che sarebbe troppo lungo esporre qui, i consumi privati e la spesa pubblica hanno conosciuto tassi di crescita abbastanza contenuti, il Pil ticinese è riuscito a volare alto soprattutto per merito degli investimenti, in particolare degli investimenti nell’edilizia. Vuoi vedere che sta tornando l’economia a rimorchio?