E se chiedessimo di entrare nell’UE?

/ 11.06.2018
di Angelo Rossi

Per ragioni professionali ho vissuto, negli anni Ottanta dello scorso secolo, a Losanna. In quei tempi, la Svizzera romanda chiedeva, a viva voce, l’adesione della Svizzera a quella che in quel tempo si chiamava la «Comunità europea». Partigiani dell’adesione erano in particolare i giornali, la radio e la televisione che non cessavano di tessere gli elogi delle istituzioni europee e di descrivere i vantaggi di cui avrebbero profittato i Cantoni di lingua francese se la Svizzera si fosse decisa ad entrare a far parte di questa Comunità. In quell’epoca, in Svizzera romanda non era possibile esprimere un parere che fosse contrario, o anche solo timidamente interlocutorio, su questa questione. Mi ricordo quante critiche dovetti sopportare, dai delegati romandi, a un congresso nazionale del mio partito nel quale la direzione mi aveva chiesto di portare il mio apprezzamento sulla questione dell’adesione. Da buon economista, avevo raccomandato di fare, prima di prendere una decisione, una stima dei vantaggi e degli svantaggi, dei costi e dei benefici insomma, che avrebbero potuto derivare da un’eventuale adesione insistendo nel dire che c’era chi ci guadagnava e c’era chi ci perdeva.

Oggi in Svizzera romanda, come nel resto della Svizzera, si è affermata la posizione contraria all’integrazione nell’Unione Europea. Si può anzi dire che prevale l’idea che non si debba neanche negoziare con l’UE. Come si vede in politica i tabù si creano e si distruggono. Ma si distruggono, purtroppo, solo per ricrearne altri. Ben vengano quindi le analisi e gli apprezzamenti razionali anche in relazione a questioni complesse come quella per l’appunto della posizione della Svizzera rispetto all’UE. Come per esempio il libro bianco che ha pubblicato di recente Avenir suisse nel quale si cerca appunto di valutare il da farsi, formulando sei scenari che dovrebbero aiutare nella scelta (vedi anche Marzio Rigonalli a pagina 34, ndr).

Gli esperti di Avenir Suisse pensano che, nel definire i suoi rapporti con l’UE la Svizzera debba scegliere tra due coppie contrapposte di concetti. La prima è quella che mette in antitesi il concetto dell’integrazione con quello dell’autonomia. Insomma non si può essere integrati e autonomi. La seconda antitesi è formata dai concetti «mercati aperti» e «protezionismo» dove per protezionismo penso si voglia intendere una situazione nella quale la libera circolazione non esiste. I concetti delle due coppie possono essere, in parte combinati. Si può così avere una situazione di mercati liberi e integrazione e una di mercati liberi e autonomia. Alla stessa stregua si può pensare a situazioni di protezionismo e autonomia e protezionismo e integrazione. Sono quindi quattro le combinazioni di concetti che stanno alla base degli scenari.

Siccome però ogni combinazione consente un certo numero di varianti ecco che, oltre a questi quattro scenari di base, Avenir suisse ne ha definiti due altri non fosse altro che per allargare lo spettro delle possibilità di scelta. Così da diverse combinazioni dei concetti mercati aperti e integrazione sono stati derivati i due scenari «Normalità europea» e lo scenario «Partecipazione accettabile». Dalla combinazione dei concetti «mercati aperti e autonomia» sono usciti pure due scenari: lo scenario «Club Svizzera» e lo scenario «Oasi globale». Dalla combinazione del concetto di integrazione con il concetto di protezionismo è nato lo scenario «Via scandinava» e dalla combinazione del protezionismo con l’autonomia si è costruito lo scenario «Ritirata autodecisa». Le possibilità di scelta vanno dunque da una posizione di autonomia accompagnata da protezionismo a una di adesione senza remore all’UE.

Nello studio di Avenir Suisse questi concetti ricevono naturalmente dei contenuti che sarebbe vano voler riassumere in questo articolo. Gli scenari sono comunque utili perché non presentano una sola alternativa, ma un ventaglio di possibilità. Ciascuna possiede una probabilità piccola o grande di poter venir accettata. Come ricorda l’ex-consigliere federale Kaspar Villiger, nell’epilogo a questo studio, anche quello della «Normalità europea», ossia dell’adesione pura e semplice può quindi essere preso in considerazione. A decidere della scelta saranno gli elettori, ovviamente, e, come ricorda Villiger, la situazione, economica, politica e sociale che potrebbe prevalere al momento in cui dovrà essere presa questa decisione.