Polizia e guardie del corpo, una folla. Poi c’eravamo anche noi invitati, pochi tapini molto onorati. Era la festa per un anniversario di una importante casa editrice. Alcune guardie avevano la maglietta mostra-muscoli, altri facevano finta di essere lì per caso. A un signore in giacca blu e camicia bianca, ma certo non col volto da intellettuale, ho chiesto candida (non riesco a fingere di essere una furbacchiona): ma lei che cosa fa qui? Mi ha risposto: controllo che gli alberi e i cespugli crescano bene. Mi è sembrata un’espressione geniale. Come dire, ho altro a cui pensare, mi faccia il favore di non interferire, potrei dirle che sono un cameriere, un parente, ma cerchi di capire che non le posso far sapere chi sono e che cosa faccio qui. Controllo, appunto, che gli alberi crescano, a ciascuno il suo mestiere. Insomma, erano più le guardie dei ladri. Ladri: scrittori non sempre eccelsi che si propongono invece come tali. Per esempio c’era un signore non brutto e non anziano che però era troppo abbronzato. Non nel senso berlusconiano del termine, era un bianco che aveva trascorso troppi giorni al mare o nel lettino abbronzante, uno schiaffo alla miseria, anche se oramai una mezz’ora di lampada costa meno di un aperitivo. Molti maschi avevano i capelli rasati, per assomigliare più a Montalbano che all’Ale di Ale&Franz. Sciocchini: alle donne piace il tipo, non il taglio di capelli, poi bisognerebbe avere il fisico «del ruolo», non tutte le teste hanno un’armonia tale da essere esibite, non tutti i crani possono essere esposti.
Ma, divagando, mi sto perdendo l’argomento fondamentale: le donne inutili. Da dove vengono? Da decenni frequento, sempre con maggior insofferenza, convegni e congressi. Se si tratta di incontri davvero scientifici, siamo i soliti, come fossimo compagni di scuola materna, sappiamo tutto dell’uno e dell’altro, non parliamo delle nostre cose agli estranei, se non interviene (per carità) un basso senso del gossip, ci sentiamo come parenti. E, sia detto con chiarezza, col tempo si stemperano confronti e gelosie, ognuno fa quel che può nel suo campo, evviva. Ma appena l’evento – e già usare questo termine è una fatica – si colora di mondanità, eccole arrivare, le donne inutili. Fresche di coiffeur, fasciate in abiti che neanche sotto tortura un umano potrebbe indossare, truccate come la signora Barbara D’Urso si trucca per lavoro, e complimenti alla sua professionalità. Se sono ciccione portano costosi kaftani, sennò si strizzano in abitini soffocanti. Salutano tutti, riconosciute da nessuno. Ma perché, perché nel 2020 esistono ancora questi personaggi? Sì, saranno o saranno state mogli, amanti, fidanzate più o meno ufficiali. Ma in nome di quale pensiero si propongono come presenze senza altro senso dell’esserci? E guai a chiederlo, perché già il concetto di «esserci» comporta una sfumatura di Heidegger che non è proprio immediata.
Descrivo solo due personaggi dell’altra sera. Una bionda era bella e di gentile aspetto. Abitino a righe, cintura strizzata, tacchi degni di altro palcoscenico. Ogni passo una mossa provocante, almeno come tale intesa dalle signore presenti. L’altra, esilarante, una sorta di botolo coperta da un abito africaneggiante. La sicurezza ostentata di chi pensa tu non sai chi sono io. Chi sei, tu che non sei la silenziosa luna del pastore errante dell’Asia. Eppure eccovi qui, donne inutili. Non scrivete, non studiate, nemmeno parlate. Credete che l’esser femmina vi preservi da ogni altro lavoro, da ogni fatica. Ragazze, lasciatemelo dire, così non andiamo da nessuna parte. Ognuno certo vive la vita che si sceglie, almeno dai vent’anni in poi. Ma non è bello fare la femmina e basta. Se si potesse dialogare con i custodi degli alberi, con la muscolosa scorta di Roberto Saviano, presente appunto l’altra sera, bisognerebbe chiedere loro di lasciar perdere ladri e assassini, che più di tanto non vogliono rischiare. Bisognerebbe chiedere di liberarci dalle inutili donne, che si travestono da intellettuali per esibire abiti e capelli. Niente in contrario con la cura della persona e con l’igiene. Ma ogni tanto bisogna anche studiare, e faticare. Finchè questo simpatico concetto non entra nelle vostre menti, signore mie, non riusciremo più di tanto a presentarci al mondo come umani che pensano, decidono, e non hanno bisogno di imitare la freddezza maschile. Siamo migliori, lo sappiamo, ma diamo un poco di segnali sulla capacità di non perdere la ragione per il sentimento e viceversa. Di non accontentarci di parrucchiere e sarto per sentirci a posto, di stare ciascuna al suo posto.