E così il capo dei vichinghi era una donna. Cosa c’è di più rude, di più virile di un vichingo con l’elmo cornuto? Ma sotto quell’elmo c’era una femmina, come hanno svelato i ritrovamenti in Svezia.
La notizia è stata letta giustamente come una metafora del potere della donna. E in effetti le donne – spesso vestite da uomo – hanno combattuto tutte le guerre. Alcune, come Giovanna d’Arco, sono famosissime. Altre sono vissute nell’oscurità, o nella fantasia, o nella letteratura.
Ci sono donne divenute guerriere per amore dei loro mariti. Jeanne de Clisson era una Giovanna d’Arco che stava dall’altra parte: detta la Leonessa di Bretagna, parteggiava per gli inglesi, si dedicò alla guerra di corsa e affondò molte navi francesi nella Manica, verso la metà del Trecento. Non era mascolina: ebbe sette figli. Ma quando il suo secondo marito venne imprigionato dal re di Francia e decapitato come traditore, lei investì il patrimonio di famiglia in navi da guerra, le dipinse di nero con le vele minacciosamente rosse, e divenne pirata per tredici anni. Massacrava i marinai francesi, lasciandone in vita solo qualcuno perché potesse portare la notizia della sua vittoria. Trovò pace solo con il terzo marito, sir William Bentley, uno dei capitani del re inglese Edoardo III.
Negli stessi anni, sempre in Bretagna, un’altra nobildonna che porta lo stesso nome si sostituisce al proprio uomo, fatto prigioniero: è Jeanne di Fiandra, che si veste da soldato e marcia ad assediare la piazzaforte di Hennebont. Non a caso la guerra di successione bretone viene chiamata la guerra delle due Giovanne.
Ci sono poi donne che prendono armi e abiti maschili per amore dei padri. Hua Mulan è diventata un’eroina grazie a un cartone animato Disney; ma la sua leggenda risale a 1600 anni prima, a un poema epico anonimo scritto al tempo delle dinastie del Nord.
Hua Hu, anziano e malato, viene richiamato nell’esercito. Mulan intercetta il dispaccio, si traveste da uomo, prende il nome del fratello troppo giovane per arruolarsi, e parte. Coraggiosa nei combattimenti, geniale nella strategia, in dodici anni diventa generale; si dichiara solo quando vogliono fargli sposare la figlia del comandante in capo.
Su Epipola non hanno fatto un film, ma la sua storia è uguale: il padre, Trachione, riceve l’ordine di recarsi in Aulide con il suo esercito per unirsi agli Achei e partire per la guerra di Troia; ma è troppo vecchio per combattere, e non ha figli maschi che possano prenderne il posto. È Epipola a radunare le truppe e condurle in Aulide, travestita da uomo.
Pure nella Grande Guerra c’è una donna che combatte per il padre: Viktoria Savs, che per restare accanto a Peter Savs, caporale dell’esercito austriaco, ottiene una speciale dispensa dall’arciduca Eugenio e viene arruolata tra i Kaiserjäger. Per due anni combatte contro gli italiani sulle Alpi: scorta da sola venti prigionieri sotto il fuoco delle artiglierie italiane, porta messaggi sugli sci, vive accanto a soldati che non conoscono la sua identità e la chiamano Viktor.
Il 27 maggio 1917, sulle Dolomiti, una granata colpisce la parete rocciosa sotto cui sta passando la donna soldato, e un masso le schiaccia un piede: lei recide i tendini che lo tengono ancora legato alla gamba. Viene amputata sotto il ginocchio. Sopravvive a tre mesi di ospedale. Ora tutti sanno che è una donna: ottiene di continuare a servire nell’esercito, come crocerossina. Medaglia d’argento al valor militare, cui l’imperatore Carlo I vuole aggiungere di persona la croce al merito. Viktoria resterà una patriota anche dopo la fine dell’impero, partecipando ai raduni dei reduci, accolta come un eroe. Morirà nella notte di San Silvestro del 1979, a ottant’anni. Dall’altra parte del fronte, una giovane italiana, una maestra di scuola, chiese di essere arruolata, vestita da uomo; venne riconosciuta subito, e rimandata a casa.