La scienza economica non dispone di molte leggi che descrivano con un certo grado di certezza la relazione tra due o più variabili in modo da consentire di prevedere l’andamento di una delle stesse al variare delle altre. Tra quelle che, fin qui, avevano maggior corso, si trova la curva di Phillips, che prende il nome dall’economista neozelandese Alban William Phillips che la scoprì nel 1958. La stessa definisce la relazione tra il tasso di disoccupazione e l’inflazione (misurata, negli studi empirici, dal tasso di aumento dei salari nominali). Questa curva prevede che se il tasso di disoccupazione diminuisce, il tasso di inflazione aumenta e viceversa. Phillips ha provato l’esistenza di questa relazione con un’analisi dell’evoluzione secolare dei salari nominali e del tasso di disoccupazione. Nella seconda metà del Ventesimo secolo, la curva di Phillips è stata stimata per quasi tutte le economie sviluppate, dando risultati quasi sempre significativi.
Nessuno mette quindi in dubbio, oggi, che esista una relazione tra l’inflazione salariale e la disoccupazione. A far discutere è però la pendenza di questa curva, ossia in che misura l’inflazione risponda a un dato aumento o a una data diminuzione del tasso di disoccupazione. Gli esperti sostengono, in particolare, che, nel corso degli ultimi anni, la reazione dell’inflazione a una diminuzione del tasso di disoccupazione sia diminuita. Sembra così che, oggi, una rarefazione dell’offerta di manodopera, che provoca una diminuzione del tasso di disoccupazione, determini un aumento dei salari nominali minore di quanto poteva succedere, diciamo, ancora trent’anni fa. La pendenza della curva di Phillips si è ridotta.
Lo si può dimostrare, in modo abbastanza amatoriale, anche a livello dell’economia ticinese. Nel periodo 1995-2007, per tassi di disoccupazione bassi, diciamo inferiori al 3,5%, si riscontravano tassi di aumento dei salari nominali varianti tra il 3 e il 4% annui. Dal 2008 in poi, con qualunque tasso di disoccupazione, inferiore o superiore al 3,5% annuo, il tasso di aumento annuale dei salari nominali non è mai stato superiore all’1,4%. Questa diminuzione del responso salariale alla diminuzione della disoccupazione (o, se vogliamo, all’aumento della domanda di lavoro) si riscontra in molte economie sviluppate, come dimostrato dai dati recentemente pubblicati riguardanti la curva di Phillips per le 7 economie più importanti del mondo, quelle che fanno parte del gruppo di paesi detto del G7. Il caso ticinese non è quindi un’eccezione.
Per spiegare questo mutamento dell’elasticità dei salari nominali rispetto alle variazioni della disoccupazione gli esperti hanno avanzato tre argomenti. In primo luogo si afferma che il mutamento nella pendenza della curva di Phillips sia dovuto al progresso tecnico. In molti processi produttivi il computer ha sostituito, nel corso degli ultimi anni, la manodopera contribuendo così a ridurre la pressione sui salari. Un’altra ragione potrebbe essere costituita dallo spostamento di attività produttive che fanno particolarmente ricorso alla manodopera in paesi nei quali il salario nominale è ancora molto basso. Vi è poi un terzo argomento che, secondo noi, è particolarmente valido nel caso del Ticino: si tratta della flessibilizzazione del mercato del lavoro. Uno studio, pubblicato di recente, concernente le economie dei paesi del G7, ha dimostrato che l’aumento della quota di lavoratori a tempo parziale ha contribuito a indebolire i sindacati e quindi anche le loro posizioni ai tavoli della contrattazione salariale.
Non esistono studi dettagliati sul rapporto tra evoluzione della disoccupazione e variazione dei salari nominali in Ticino anche perché la stima delle remunerazioni mensili, che potrebbe essere utilizzata per studi di questo genere, non fa certamente parte del gruppo delle statistiche maggiormente affidabili. I dati a disposizione non sono dunque che delle tracce. Le stesse permettono comunque di poter affermare che, dopo il 2008, da noi, la quota dei lavoratori a tempo parziale è aumentata, che la disoccupazione è diminuita e che i salari nominali non si sono praticamente mossi da dove erano. È quindi molto probabile che anche per la nostra economia cantonale la pendenza della curva di Phillips sia diminuita.