Dibattito interessante, forse inutile

/ 21.01.2019
di Peter Schiesser

Il dibattito sull’accordo istituzionale con l’Unione europea è lanciato: il Consiglio federale ha messo in consultazione mercoledì scorso presso le cerchie interessate il testo scaturito dai negoziati con Bruxelles, di cui aveva preso atto senza firmarlo il 12 dicembre scorso; parallelamente, il giorno prima la Commissione di politica estera del Consiglio nazionale ha condotto con 6 esperti uno hearing pubblico, trasmesso in streaming in internet, sui contenuti di questo accordo istituzionale – una modalità molto rara, scelta in passato solo per temi molto sentiti dall’opinione pubblica, a voler sottolineare l’importanza della posta in gioco. Terminata la consultazione, il Consiglio federale deciderà entro l’estate se firmare l’accordo o se chiedere ulteriori negoziati.

Dobbiamo dirlo subito: probabilmente questi sforzi per capire e spiegare i contenuti dell’accordo istituzionale, che concerne unicamente gli accordi settoriali che regolano l’accesso svizzero al mercato europeo, saranno inutili: l’Udc è contraria a priori e il Partito socialista sposa in maggioranza la posizione contraria dei sindacati, che non accettano alcuna modifica alle misure di accompagnamento, di tutela dei salari svizzeri. Assieme, i due partiti rappresentano una massa politica ed elettorale sufficiente per affossare qualsiasi accordo con l’Ue, nonostante all’interno del Ps ci siano anche deputati favorevoli all’accordo. Purtroppo l’estate scorsa le infelici modalità di comunicazione dei consiglieri federali Cassis e Schneider-Ammann (il primo riflettendo ad alta voce sulla possibilità di modificare nella forma le misure di accompagnamento, il secondo gestendo male la tavola rotonda nazionale sullo stesso tema) hanno generato una reazione d’orgoglio da parte sindacale e, come sanno i protagonisti della politica nazionale, quando si tratta di salvare la faccia non si fa marcia indietro. Per cui, con l’Udc e i sindacati di sinistra contrari, l’accordo nella forma attuale è praticamente morto.

Eppure, varrebbe senz’altro la pena approfondire i contenuti di questo accordo quadro. Con il suo hearing pubblico, la commissione del Nazionale ha dato un contributo interessante, benché rivolto ad un pubblico specialistico, di persone già informate. Al di là delle spiegazioni tecniche, le 3 ore e mezza di discussione hanno pure messo in evidenza un elemento centrale di questo dibattito: anche il parere degli esperti è fortemente influenzato dalla propria inclinazione, pro o anti-europea. Per gli uni la corte mista che avrebbe il compito di dirimere le controversie nell’interpretazione degli accordi bilaterali è una foglia di fico, per gli altri una grande conquista, per gli uni la perdita di sovranità giuridica (che deriverebbe dalla ripresa dinamica dell’evoluzione del diritto europeo nell’ambito dei suddetti accordi) è intollerabile, altri non vedono grandi cambiamenti rispetto ad oggi, anzi avremmo più certezza giuridica. Alla fine, si tratta sempre ancora di una scelta politica, che risulta dal valore che si dà ad un aspetto rispetto ad un altro. A ciò si aggiunge la dimensione soggettiva insita nella valutazione dell’importanza di questo accordo istituzionale per il futuro assetto delle relazioni con l’Ue: per gli uni un no all’accordo quadro svuoterebbe a poco a poco la via bilaterale, per gli altri un accordo migliore può essere concluso anche fra qualche anno.

Presumibilmente si potrà verificare presto nei fatti quanta ragione avrà l’uno e l’altro schieramento. Spiace constatare che si metta a repentaglio con una certa leggerezza i tanti vantaggi concreti degli accordi bilaterali – forse illudendosi che non siano a rischio?