Dall’uomo economico all’essere umano

/ 16.10.2017
di Angelo Rossi

Il premio Nobel di economia è stato assegnato, quest’anno, al prof. Richard H. Thaler della Business School dell’Università di Chicago. Thaler insegna scienze del comportamento e economia. Si interessa dunque al modo di comportarsi degli agenti economici. Per i lettori che non sono specialisti, preciso che la sua ricerca non fa parte di quello che si usa definire il «mainstream» dell’economia, ossia la scuola neo-liberale. Soprattutto perché il Nobel di quest’anno rifiuta di accettare l’ipotesi della piena razionalità nel comportamento degli agenti economici sulla quale si basano le deduzioni della teoria microeconomica tradizionale.

Detto questo, per gettare maggior luce sulla sua ricerca, è utile continuare con una citazione. La traggo da un libro di un altro premio Nobel di economia, che lavora nello stesso solco di ricerche nel quale opera il prof. Thaler. Si tratta del libro Pensieri lenti e veloci dello psicologo israeliano Daniel Kahneman che ha ricevuto il premio Nobel di economia nel 2002. L’autore di questo libro scrive, avviando un capitolo nel quale considera il problema di come si prende una decisione, che, all’inizio degli anni Settanta dello scorso secolo, gli era capitata sotto gli occhi la seguente definizione fatta dal professore di economia svizzero Bruno Frey: «L’agente economico è razionale e egoista, e i suoi gusti non cambiano». Kahnemann afferma che questa definizione, che è sicuramente condivisa da una larga maggioranza degli economisti tradizionali, lo lasciò stupefatto. Fino ad allora, nonostante il suo interesse per i problemi economici, egli non si era infatti accorto che economisti e psicologi operassero in due mondi intellettuali completamente diversi. Per uno psicologo è evidente che le persone non sono completamente razionali, né completamente egoiste, ma qualcosa di molto meno stabile. Per gli economisti, invece, no. Kahneman conclude ricordando che le due discipline sembravano studiare due specie completamente differenti, quelle che lo specialista in comportamento economico Richard Thaler battezzerà come gli econi e gli umani.

La differenza tra gli individui di queste due specie è che gli umani possono fare errori e, di solito, continuano a farne nelle loro decisioni, mentre gli econi per definizione non ne fanno mai. L’econe di Richard Thaler è, forse non è nemmeno necessario precisarlo, il fratello, se non addirittura il sosia o il clone dell’uomo economico, vale a dire, nella definizione di Frey, dell’agente economico razionale. Da circa una quarantina di anni, psicologi e economisti del comportamento stanno cercando di costruire un ponte tra questo Idealtyp, che sottende praticamente tutta la microeconomia (ossia la teoria che spiega come consumatori e produttori si comportano sui mercati) e l’uomo e la donna normali, ossia il consumatore e il produttore come possiamo essere voi ed io, cari lettori. Noi, forse, tentiamo di comportarci in modo razionale ma, in molti casi, prendiamo decisioni affidandoci al nostro intuito e ai nostri sentimenti, o fidandoci dei vaghi consigli di qualche amico, piuttosto che considerando freddamente il risultato del conto dei costi e dei benefici possibilmente derivanti dalla decisione stessa.

Insomma, ricercatori come Kahneman e Thaler non escludono di partenza che l’agente economico possa adottare comportamenti non razionali e quindi sbagliarsi nella sua presa di decisioni. Dopo di che, però, i due premi Nobel di economia sono andati alla ricerca delle ragioni di questi comportamenti non appropriati per suggerire misure con le quali si potrebbe ridurre il numero delle decisioni sbagliate. Questo obiettivo comune è stato però da loro perseguito seguendo due piste di ricerca completamente diverse. Kahneman ha indagato sul come gli essere umani, quando prendono decisioni economiche, arrivano a concepire le loro decisioni. Semplificando al massimo quello che può essere considerato il nocciolo della sua ricerca, questo psicologo reputa che le decisioni sbagliate sono quasi sempre frutto di reazioni troppo rapide (che definisce pensiero rapido) e che la qualità delle decisioni economiche ci guadagnerebbe molto se gli agenti si prendessero un tempo di riflessione superiore prima di decidere (pensiero lento). Thaler, invece, da buon economista, reputa che sarebbe più facile evitare comportamenti sbagliati se qualcuno, per esempio lo Stato, introducesse incentivi per persuadere gli agenti economici a comportarsi in modo razionale.

L’assegnazione del premio Nobel di economia al prof. Thaler – come la precedente attribuzione al prof. Kahneman – non ha fatto felici gli economisti tradizionali. Il loro capostipite in Svizzera, prof. Silvio Borner, non ha aspettato a reagire in modo fortemente negativo. In una lettera alla «Neue Zürcher Zeitung» ha addirittura dichiarato che, se avesse saputo di questa assegnazione, Friedrich August von Hayeck, uno dei piloni del pensiero economico tradizionale, avrebbe di sicuro rinviato al mittente il premio Nobel da lui ricevuto nel 1974.