I dati più recenti sull’evoluzione dell’economia ticinese riguardano i pernottamenti in settembre, l’evoluzione dell’effettivo dei frontalieri nel terzo trimestre del 2018 e la stima per la crescita del Pil nel 2016. Dell’andamento del turismo nel 2018 abbiamo già avuto modo di parlare in altri articoli. Oggi ci occuperemo quindi di crescita del Pil e di frontalieri. Che tra queste due variabili debba correre una relazione è facile da spiegare. Il Prodotto interno lordo è un indicatore della prestazione complessiva dell’economia. È la somma, se vogliamo, del valore aggiunto dalle quasi trentamila aziende localizzate nel nostro Cantone.
Ora anche i non economisti sanno che per produrre questo valore aggiunto è necessario far ricorso a fattori come il capitale fisico e il lavoro, per non parlare del progresso tecnico e di altri fattori di produzione meno importanti. Nell’economia ticinese è particolarmente importante il contributo del fattore lavoro. Così si può dimostrare che quando cresce il Pil cresce anche l’effettivo delle ore lavorate e, quasi sempre, anche la manodopera occupata. Nel caso contrario il totale delle ore di lavoro e l’occupazione diminuiranno. Siccome, a partire dal 2008 circa, i frontalieri hanno ricoperto un ruolo centrale nell’aumento della manodopera occupata e delle ore lavorate nell’economia ticinese si può anche aggiungere che quel che vale per il rapporto fattore lavoro/ Pil vale anche per i rapporto frontalieri/Pil. L’aumento del Pil è, in generale, accompagnato da un aumento dell’effettivo dei frontalieri occupati nel Cantone. Come si può rilevare dai dati in possesso, questa relazione vale per quasi tutti gli anni del periodo successivo alla crisi del 2008. In questo periodo, tra il tasso di variazione annuale del Pil nominale del Ticino e il tasso di variazione annuale dell’effettivo di frontalieri è esistita una correlazione significativa. Di conseguenza, in questo periodo, l’evoluzione del contingente di frontalieri è sempre stato un buon indicatore dell’andamento della congiuntura. In media, a un aumento annuale del contingente di frontalieri del 3% ha corrisposto un aumento del Pil nominale pari all’1%.
La notizia della scorsa settimana, stando alla quale l’effettivo dei frontalieri occupati in Ticino è diminuito nel terzo trimestre del 2018 di circa il 3% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente potrebbe quindi far nascere qualche preoccupazione circa la crescita del Pil di quest’anno (che, per i ritardi inevitabili della statistica, conosceremo solo nell’ottobre del 2020). Invece del risultato positivo che gli specialisti della congiuntura regionale si attendono, il regresso del contingente dei frontalieri potrebbe far pensare che l’economia ticinese sia entrata, da un paio di trimestri, in una recessione. Di fatto però queste preoccupazioni sembrano essere eccessive. L’andamento delle curve dei tassi di variazione del Pil e dell’effettivo dei frontalieri, riportato nel grafico suggerisce infatti che, a partire dal 2015, il rapporto tra la crescita dei frontalieri e la crescita del Pil ticinese è sostanzialmente cambiato. Dal 3 a 1 del periodo 2008-2016 è sceso all’1 a 1 nel corso degli ultimi due anni. In altre parole, a partire dal 2015, nell’economia ticinese, occorrono molti meno frontalieri per conseguire un aumento del Pil pari a 1%.
A questo punto sarebbe interessante indagare sulle ragioni di questo improvviso aumento di efficienza nell’utilizzazione della forza lavoro frontaliera. Ci sarà di sicuro chi lo attribuirà alle misure di freno all’immigrazione del tipo «Prima i nostri» che, se non hanno fatto aumentare l’occupazione indigena sono per lo meno servite a contenere l’immigrazione dei frontalieri. Altri invece sosterranno che la rivalutazione del franco, seguita alla decisione della BNS di abbandonare la parità con l’euro a 1.20, a metà gennaio del 2015, ha obbligato le aziende ad adottare misure di razionalizzazione della produzione che hanno fatto aumentare la produttività del lavoro e, di conseguenza, ridotto la necessità di ricorrere ad ulteriore manodopera frontaliera. Se abbiamo la pazienza di aspettare, la ricerca ci dirà, tra qualche anno, quale delle due ipotesi meglio risponde alla realtà che abbiamo cominciato ad osservare.