Da ormai più di un mese sono in vigore le misure che il Consiglio federale ha preso per combattere la pandemia del Coronavirus. I giornalisti delle pagine economiche della NZZ hanno trovato che era tempo di fare un bilancio. A rispondere alle loro domande hanno chiamato otto tra i più conosciuti economisti del nostro paese. Alla fine dagli interrogati sono venute solo 7 risposte, siccome due di loro, vale a dire Bruno S. Frey e Margit Osterloh ambedue dell’università di Zurigo, hanno scelto di rispondere assieme. Le sette risposte ad ognuna delle cinque domande poste dal quotidiano zurighese sono abbastanza diverse anche se, occorre sottolinearlo, gli interrogati condividono il medesimo orientamento quanto agli indirizzi della loro scienza.
La prima domanda concerneva l’adeguatezza delle misure prese dal Consiglio federale. Mentre Aymo Brunetti, dell’università di Berna, le ritiene molto positive, altri come Jean-Pierre Danthine, del Politecnico di Losanna, Jan-Egbert Sturm del KOF di Zurigo, e Ernst Fehr dell’università di Zurigo pensano che si sarebbe dovuto poter fare di più o che si sarebbe dovuto intervenire prima. Ci sono poi Christoph Schaltenegger dell’università di Lucerna e la coppia di professori zurighese, che abbiamo già citato, che reputano che si sarebbe potuto procedere diversamente. Stando a Frey e Osterloh, applicando le misure di protezione necessarie, si sarebbero potuti lasciare aperti anche negozi come i fioristi o i centri di giardinaggio. Da parte sua Schaltegger afferma che siccome il pericolo di infezione è diverso da Cantone a Cantone, una strategia centralizzata non è la più adeguata.
La seconda e la terza domanda posta dai giornalisti della NZZ riguardava l’allentamento delle misure, in particolare quali delle stesse potrebbero essere abbandonate per prima. Anche a questo proposito gli avvisi espressi divergono. Schaltegger opina che per prima cosa bisognerebbe riaprire le scuole; Jan Egbert Sturm, invece, chiede che ci si occupi prioritariamente dell’economia, in particolare favorendo la ripartenza della produzione. Interessante è di nuovo la proposta, sostenuta in particolare da Fehr e da Schaltegger, che si proceda in modo diverso alla riapertura di negozi e aziende, non a seconda del tipo di attività svolta, ma a seconda della situazione della pandemia nei diversi Cantoni. Danthine la vede ancora diversamente e propone di consentire il ritorno al lavoro dapprima ai lavoratori giovani e in salute come pure a quelli che già sono stati contagiati dal virus e che, secondo lui, ne sono diventati immuni.
Le ultime due domande di questa inchiesta concernono infine le eventuali insufficienze del programma di misure del Consiglio federale. Da questo punto di vista sono particolarmente interessanti le risposte date all’ultima domanda, che riguardava le possibili correzioni che si potrebbero introdurre. Brunetti si dice d’accordo di dare la priorità alle misure che possono assicurare il mantenimento della produzione. Aggiunge però che se la situazione di eccezione dovesse durare a lungo la domanda potrebbe calare. In questo caso occorrerebbe introdurre misure di sostegno al consumo come, per esempio, una riduzione delle imposte delle persone fisiche. Danthine evoca invece la necessità di precisare i criteri che presiedono alla concessione di crediti alle PMI e agli indipendenti. Fehr trova che solo col passar del tempo sarà possibile stabilire se le somme messe a disposizione dell’economia saranno sufficienti e se si potrà evitare che le stesse si trasformino in sussidi diretti. Föllmi, dell’università di S. Gallo, precisa che quello che si deve assolutamente evitare è di dare alle aziende contributi a fondo perso. Anche Frey e Osterloh insistono sulla necessità che le misure siano efficaci. Essi raccomandano, quindi, che gli aiuti finanziari dello Stato cessino il più presto possibile e che la quota dello Stato, che sta subendo un rapido aumento, sia poi ridotta rapidamente.
A pensarla un po’ fuori dal seminato è infine Jan-Egbert Sturm. È infatti l’unico tra gli interrogati a proporre una misura supplementare. Si tratterebbe di un supplemento all’imposta sui profitti che le aziende dovrebbero pagare, a pandemia terminata, per consentire il finanziamento degli ulteriori interventi di sostegno che si renderanno necessari. In conclusione pare quindi di capire che il programma di misure a sostegno dell’economia potrebbe avere, a livello federale, un seguito di natura fiscale.