Comprare il consenso

/ 08.10.2018
di Aldo Cazzullo

Il governo più pazzo del mondo, quello italiano, ha partorito la manovra più pazza del mondo.

Non mi indigno affatto per la scelta di aumentare il deficit. La priorità in questo momento non è ridurre il debito pubblico, per quanto ingente; è far ripartire l’economia. Qualsiasi parametro calcolato sul pil sarà sempre deludente, fino a quando il pil non riprenderà a crescere in modo robusto. Ma qui non si è deciso di sfidare l’Europa in nome della crescita, bensì dell’assistenza. Non si spende per far ripartire l’economia; si spende per comprare consenso. E questo è sbagliato due volte. Perché così si fa nuovo debito improduttivo; che dovrà essere ripagato in futuro con nuove tasse, nuovi sacrifici, nuovi effetti depressivi sull’economia.

Nessun Paese al mondo diminuisce l’età pensionabile. La Russia di Putin, modello dichiarato di Salvini, l’ha appena aumentata di cinque anni. Quando si parla di vite operaie occorrono sempre rispetto e cautela. Giusto intervenire per i lavori usuranti, per temperare alcuni eccessi della riforma. Ma l’Italia spende già troppo in pensioni, e troppo poco nella scuola, nella formazione, nell’avviamento al lavoro. Non parliamo poi del reddito di cittadinanza, bel modo di chiamare i vecchi sussidi di democristiana memoria.

Il tutto poi viene raccontato con un linguaggio ridicolo – «la Manovra del Popolo» – che pare una satira della rivoluzione francese. E annunciato al suddetto popolo dal balcone: un simbolo che sarebbe meglio lasciare fuori dalla vita democratica di un Paese serio.

Certo, parlare di fascismo è ridicolo. L’ascesa delle nuove destre populiste è il tema del momento; ma resto convinto che leggerle con le categorie del secolo scorso non aiuti a capire. Mi ha colpito semmai quello che ha scritto Flavia Perina sulla «Stampa»: «Le giovani destre sovraniste archiviano i complessi di inferiorità democratica dei loro padri e nonni, ossessionati dall’ansia di smentire ogni possibile connivenza con modelli autoritari, securitari, xenofobi, in una parola fascistoidi. Tanto la vecchia destra era ansiosa di mostrarsi buona cittadina del perimetro costituzionale, tanto la nuova non sente questa necessità, anzi gioca col cattivismo, e cerca consenso evocando nel dialogo con gli elettori un radicalismo intollerante che va persino oltre le sue azioni, spesso più caute di quel che le parole fanno credere». Non si potrebbe dire meglio: a parole la destra populista fa la faccia feroce; ma i testi legislativi che produce e firma devono comunque fare i conti con la realtà, compresa la Costituzione. Non a caso il celebre e famigerato «decreto sicurezza», annunciato da Salvini come un giro di vite e denunciato dall’opposizione come un attentato ai diritti umani, nella realtà rappresenta semplicemente alcune misure-tampone. Destinate a influire più sulla percezione dei cittadini che sulla loro vita quotidiana.

Il punto è che Salvini sembra più a suo agio quando parla di migranti e sicurezza, rispetto a quando parla di economia e crescita. Il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia dei suoi alleati a cinque stelle, lo imbarazza un po’, perché non è gradito ai suoi elettori del Nord.

La strategia di Salvini è indirizzata alle elezioni europee del maggio 2019, quando spera di sovvertire l’alleanza tra popolari e socialisti che ha retto finora l’Europa, sostituendola con una nuova intesa tra popolari e populisti. Ma fino a quando a Bruxelles comanda Juncker e a Berlino la Merkel andare allo scontro anche personale non conviene a Salvini, e tanto meno all’Italia.