Circo Trump

/ 10.09.2018
di Peter Schiesser

Chi guida gli Stati Uniti? O piuttosto: hanno una guida gli Stati Uniti? Il quadro emerso la settimana scorsa sul presidente Trump e sulla compagine di governo è raggelante. Nel libro Fear del giornalista Bob Woodward, in uscita l’11 settembre, l’Amministrazione Trump è definita, attraverso le parole del capo di gabinetto John F. Kelly una «gabbia di matti», il presidente stesso «un’idiota» (J.F. Kelly), «con una capacità di comprensione di un bambino di prima o seconda elementare» (Jim Mattis, ministro della difesa), «un mentitore professionista» (Gary D. Cohn, già consigliere capo per gli affari economici), con una capacità di concentrazione che non supera pochi minuti, un’ignoranza abissale su tutti i temi, senza intenzione di apprendere nulla oltre a quello in cui crede, ondeggiante nelle decisioni, collerico, disprezzante e insultante.

Libri critici su Trump ce ne sono già stati (in particolare Fire and Fury, del giornalista Michael Wolff), ma le 448 pagine del libro di Bob Woodward hanno un altro impatto, Woodward è uno dei due giornalisti che per il «Washington Post» si occuparono dell’inchiesta Watergate, che poi portò alle dimissioni il presidente Richard Nixon, gode di una credibilità che altri non hanno. Ovviamente Kelly e Mattis smentiscono, il presidente Trump dichiara che è tutto inventato, ma si capisce dalla dovizia di particolari presentata in Fear che Woodward ha avuto accesso a un vasto numero di membri di alto livello dell’Amministrazione Trump, presenti e passati. Che negli Stati Uniti dei giornalisti pubblichino inchieste e libri critici su un presidente non è una novità, ciò che invece non è mai successo è che un anonimo alto esponente dell’Amministrazione descriva su un giornale («New York Times») la fronda interna, i tentativi di rendere inoffensivo un presidente erratico, pericoloso, amorale. Sotto il titolo Faccio parte della resistenza interna all’Amministrazione Trump, l’anonimo alto funzionario scrive che «molti alti funzionari all’interno della sua Amministrazione lavorano diligentemente per frustrare parte della sua agenda politica e le sue peggiori inclinazioni» (Woodward in Fear cita l’esempio del ministro della difesa Mattis che, incaricato da Trump di far assassinare il despota siriano Assad, pur rassicurando il presidente indica ai suoi che non se ne farà nulla). La voce anonima specifica che lui e gli altri frondisti credono nei valori repubblicani – libero mercato, libero pensiero, libere persone – e che di fronte ad un presidente con impulsi anti-liberisti e anti-democratici si sentono in dovere di correre ai ripari. Inizialmente si è persino discusso internamente se avviare una procedura per la destituzione di Trump, ma poi si è optato, scrive l’anonimo, per un lavoro nell’ombra, per cercare di guidare l’Amministrazione nella giusta direzione, «finché – in un modo o nell’altro – sarà finita» (Woodward cita l’esempio di Gary D. Cohn che sottrae una lettera con cui Trump, firmandola, avrebbe autorizzato l’uscita dal NAFTA). Il motto di questi oppositori interni è «Country first», in difesa di valori che uniscano anziché dividere gli Stati Uniti.

Se aggiungiamo l’inchiesta sui rapporti con la Russia del procuratore Robert Mueller, cui stanno cadendo preda diverse persone vicine al presidente, si delinea un quadro preoccupante per le sorti politiche della prima potenza mondiale. Ma anche per lo stesso Trump: a novembre ci sono le elezioni di medio termine, i sondaggi danno in netto vantaggio i democratici, se riconquistano la Camera dei rappresentanti il presidente non avrà più la maggioranza per governare. Piuttosto, forse una maggioranza che voterà per il suo impeachment.