Cattaneo, mente politecnica

/ 04.02.2019
di Orazio Martinetti

Carlo Cattaneo si spense il 5 febbraio del 1869, giusto 150 anni or sono, nella sua dimora di Castagnola. Nel villaggio sul Ceresio Cattaneo era approdato dopo un passaggio a Parigi, all’indomani delle Cinque giornate di Milano (1848), rivolta alla quale aveva partecipato in prima persona. Qui, nella casa presa in affitto dalla famiglia Peri (ora sede dell’Archivio della città di Lugano), rimase fino al decesso, in posizione appartata ma non indifferente ai dibattiti risorgimentali italiani e ai dilemmi che tormentavano il giovane cantone Ticino. Spirito libero e intransigente, restio a farsi intruppare in qualche fazione politica, l’illustre esule profuse energie e la sua acuta intelligenza nello studio. Non riflessioni astratte, però; Cattaneo avversava le speculazioni dei Rosmini e dei Gioberti, e pure l’avventurismo inconcludente di Mazzini. Le sue indagini scaturivano dall’esigenza di offrire risposte concrete a questioni reali, come ad esempio l’organizzazione scolastica, le bonifiche, i trasporti. I lettori delle sue opere solevano dire che la sua prosa «sapeva di carbone», tanto era avvinghiata alla materialità dei processi. Luigi Einaudi definì la sua scrittura come l’esito di un felice connubio «tra lo splendor della forma letteraria e il rigore della scienza».

L’Unità d’Italia, così come si andava configurando intorno ad un rigido principio centralizzatore, trovò in lui un fiero oppositore; la mortificazione dell’architettura federalistica ad opera della nuova classe dirigente l’indisponeva e lo indignava. Cattaneo rifiutò sempre ogni proposta che comportasse un suo impegno nel parlamento del Regno. Preferì rimanere nel suo «romitorio» di Castagnola, curvo sui libri e sui trattati di coloro che considerava i suoi maestri, Gian Domenico Romagnosi e Melchiorre Gioja. 

Se con un occhio seguiva le vicende italiane, e lombarde in particolare, con l’altro scrutava quanto avveniva sotto le sue finestre, l’ardua costruzione (politica, economica, amministrativa, scolastica, civile) del Ticino nel suo travagliato cammino verso la modernizzazione e nella sua integrazione nella famiglia confederata. A Milano aveva conosciuto e stretto amicizia con un giovane proveniente dalla bassa Leventina, Stefano Franscini, avviato alla carriera ecclesiastica ma poco propenso a percorrere quella strada. Sedotti dalle idee dei riformatori, dai progressi delle scienze e delle tecniche, dalle buone pratiche imprenditoriali, dalla fioritura d’iniziative editoriali, entrambi avviarono un programma di ricerca imperniato sulla nozione di «statistica», che allora includeva diverse discipline (demografia, geografia, economia, ordinamento dello Stato, usi e costumi, linguistica), dando luogo a «descrizioni» dal respiro enciclopedico. I frutti di tale approccio furono copiosi e fecondi. Franscini nel 1827 pubblicò la Statistica della Svizzera, mentre Cattaneo dette vita, nel 1839, alla prima serie del periodico «Il Politecnico». Lo storico Luigi Ambrosoli ricorda nella sua introduzione al volume cattaneano Storia della Lombardia e storia d’Italia che il leventinese in questo campo precorse il milanese: «le affinità tra l’opera dedicata da Franscini al Ticino e quella da Cattaneo alla Lombardia sono evidenti nell’impianto generale, nella distribuzione della materia, nell’ordine dato ai vari argomenti trattati». Un’ipotesi che l’avvocato varesino Mario Speroni conferma nel saggio Carlo Cattaneo e Stefano Franscini: storia di un’amicizia apparso nella «Rassegna storica del Risorgimento» (gennaio-giugno 2017). 

Cattaneo è rimasto a lungo in ombra nella storia d’Italia, uno sconfitto del Risorgimento, un solitario, un intellettuale sfortunato, fatta eccezione per una breve parentesi di gloria negli anni 90 del Novecento, sull’onda dell’offensiva federalistica promossa dalla Lega Nord guidata da Umberto Bossi. Dal 1992 al 2001 il politologo Gianfranco Miglio si propose di farsi ambasciatore delle esperienze federali dai banchi del Senato della Repubblica, ma come si evince dalla raccolta dei suoi Discorsi parlamentari i successi furono scarsi. Dopo quel tentativo, Cattaneo è rientrato nei ranghi, figura certo nobile ma destinata a sopravvivere soltanto nelle biblioteche e nei musei che l’Italia dedica all’epopea risorgimentale.

Eppure la lezione di Cattaneo rimane viva, non merita l’oblio. I suoi scritti affascinano ancora per la limpidezza del dettato e l’accuratezza dello scavo analitico. Sono pagine da leggere e commentare nelle scuole, come le esemplari Notizie naturali e civili su la Lombardia, recentemente ripubblicate nell’Edizione nazionale delle opere a cura di Giorgio Bigatti (2014).