Quest’anno a New York, nella settimana di settembre in cui si riunisce l’assemblea generale dell’Onu, s’è sentita una grande assenza: quella dei Clinton. Dal 2005, con la loro Clinton Global Initiative, Bill, Hillary e Chelsea organizzavano una kermesse globale e globalista con leader internazionali e un glamour percepito alle stelle che aveva finito per oscurare i (noiosi) lavori onusiani. Con la sconfitta di Hillary alle elezioni presidenziali del 2016, la fondazione di casa Clinton ha chiuso, e così quest’anno la città si è riempita di altre iniziative, per quanto nessuna paragonabile a quella clintoniana – e comunque un po’ dei Clinton si è continuato a parlare, visto che è appena uscito il libro controverso (e pieno di dettagli sinceri quanto maliziosi) di Hillary, What happened. A fare gli onori di casa in quella New York che è anche patria di Donald Trump – la sua presenza si è sentita molto forte anche all’Onu, con il discorso contro la Corea del nord e contro l’accordo sul nucleare di Teheran – c’è stato soprattutto Michael Bloomberg, ex sindaco della città con ambizioni da sindaco globale e chissà che altro, che ha cercato di prendere il posto lasciato vuoto dai Clinton.
Nessuno ha voluto nascondere l’effetto sostituzione, e anzi Bill Clinton è stato accolto come ospite iniziale, quasi a sancire il passaggio di testimone tra i due settantenni che si sono aiutati e scontrati più volte nella loro lunga convivenza newyorchese. Il Global Forum di Bloomberg si è svolto in un’unica giornata, con ospiti importanti come il capo di Apple Tim Cook, il presidente canadese Justin Trudeau, il rais turco Recep Tayyip Erdogan e, soprattutto, il presidente francese Emmanuel Macron: alcune indiscrezioni raccontano che il forum sia stato organizzato principalmente per far risplendere lui, l’enfant prodige del liberalismo occidentale. L’obiettivo politico era chiaro, certo Bloomberg non ha mai fatto mistero della sua resistenza contro Trump, e gli argomenti del forum sono stati scelti in modo che non ci fossero dubbi: se inviti Trudeau a parlare di libero commercio e di mercati aperti, lo fai principalmente per contestare la volontà trumpiana di uscire da trattati storici e di mettere in discussione quelli appena siglati o in via di negoziazione. E anche Macron, duellante all’Onu contro Trump con la rivendicazione della superiorità strategica del multilateralismo, rappresenta per se stesso un argine al trumpismo, per quanto il presidente francese sia stato molto docile e molto accogliente con il collega americano in occasione della sua visita a Parigi. Oltre ai leader internazionali, il forum di Bloomberg è servito anche per raggruppare quella New York che lotta contro il presidente-cittadino Trump: miliardari un contro l’altro, nel settore dell’editoria e in quello immobiliare, si contendono zone di influenza e, soprattutto, egemonia culturale e politica. Basta leggere i tabloid della città – e una citazione per Rupert Murdoch sostenitore del presidente è d’obbligo – per accorgersi di quanto brutale sia lo scontro. Ci sono tante piccole storie che raccontano come si declina l’ostilità nei confronti del presidente, e non è un caso che, nella saga infinita della Casa Bianca, tra licenziamenti e ritorni fulminei, la lotta sia tra gli intransigenti del trumpismo e i cosiddetti «newyorchesi», i più moderati, i più malleabili, o almeno così vogliono vendercela, capitanati da Ivanka Trump e il marito Jared.
Il Forum di Bloomberg ha ottenuto la sua visibilità, e certo l’ex sindaco saprà sfruttarla in modo efficiente, anche se le sue velleità politiche, a livello nazionale, sono ben più chiacchierate che concrete. La candidatura «indipendente» del supersindaco è una costante dei pettegolezzi politici, ma intanto alla Casa Bianca è arrivato Trump, nemmeno quell’altro potentato clintoniano è riuscito a fermarlo. Adesso Bloomberg e Clinton cercano e ostentano la loro alleanza, sostenendosi, aiutandosi, rilanciandosi: dove porterà tutto questo sentimento antitrumpiano è difficile dirlo, e non c’è democratico che sappia dare una risposta pragmatica. Ci si organizza intanto, con i mezzi a disposizione. Il Forum di Bloomberg ha avuto un effetto minore rispetto ai fasti dell’iniziativa dei Clinton, soprattutto in termini di «indotto»: come hanno scritto molti giornali americani, la kermesse clintoniana non era soltanto prestigio e glamour, era una grande fonte di denari, che più di una volta sono diventati oggetto di accuse rivolte all’ormai navigata «power couple». Per finanziare il proprio spettacolo anti Trump, per quest’anno Bloomberg ha dovuto fare tutto da solo.