Ai miei (cari) figli

/ 11.06.2018
di Bruno Gambarotta

Vi prego di scusarmi, sono ancora emozionata e commossa. Vincere l’ambito riconoscimento di «Mamma dell’anno» è stato come tagliare il traguardo di una vita spesa nella dedizione totale ai figli, dopo la prematura scomparsa del mio povero marito. La Presidente del Club «Mamme d’Italia» mi chiede, amiche care, di spiegare a voi i segreti del mio successo. Io ho tre figli, due bambine di 35 e 33 anni, e un maschietto, il più giovane, che ne ha solo 29; tutti e tre ancora saldamente ancorati alla casa dove sono nati e dove trovano l’affetto vero, quello che non chiede nulla in cambio. Per la verità Gloria, la più grandicella, ha manifestato di recente qualche timida velleità di spiccare il volo, naturalmente senza dirmi niente, pensando forse, nella sua testolina, di farmi trovare di fronte al fatto compiuto. Come ho fatto ad accorgermene? Semplice, quando i miei figli escono – le ragazze per andare al lavoro e il maschio all’università – entro nelle loro camerette e mi dedico a un accurato controllo.

Così un brutto giorno ho trovato sul tavolino da notte della mia Gloria la copia di un settimanale di annunci economici. Sfogliandolo ho trovato offerte di appartamenti in affitto segnate con l’evidenziatore. La mia Gloria cercava casa! Nella sua ingenuità faceva persino tenerezza, non ho dovuto fare altro che telefonare a quei numeri dicendo che se fossero stati contattati da una ragazza che avesse dato come recapito il nostro numero di casa o il suo cellulare, dovevano fare molta attenzione: si trattava di una poverina con un forte esaurimento e un comportamento bipolare, che quando era contrariata prendeva un bastone e iniziava a spaccare tutto, vedessero un po’ loro se gli conveniva o meno affittare l’appartamento. Ho poi sentito, orecchiando (cosa non è disposta a fare una mamma per il bene dei suoi figli!) Gloria raccontare a sua sorella che quando andava a visitare un appartamento la guardavano in modo strano e pretendevano che lasciasse l’ombrello sul pianerottolo.

La bambina più piccola, Roberta, per ora non ha manifestato l’intenzione di andare via, però smania per trovarsi un fidanzato. Vorrebbe tanto andare in discoteca ma io finora sono riuscita a impedirglielo. Come ho fatto, chiederete voi. Non certo con la forza, perché purtroppo nella nostra società edonista una ragazza di trent’anni è già considerata maggiorenne. Né con la persuasione, in certi casi le parole di noi adulti sono non solo inutili ma controproducenti. Semplicemente ho telefonato alla titolare della ditta dove mia figlia lavora come impiegata e le ho chiesto un colloquio riservato: anche lei è una mamma e tra mamme bisogna essere solidali. Si tratta di una piccola ditta di trasporti, gli impiegati sono insufficienti e c’è sempre una bella mole di lavoro arretrato da sbrigare. Ho detto alla padrona che se tratteneva la mia Roberta a fare straordinari la sera io ero disposta a rimborsarle quelle ore in più. Così la mia bambina torna a casa così stanca da aver solo la voglia di buttarsi a letto a dormire, altro che andare in discoteca! Si lamenta: sempre a me chiedono di fermarmi! Si vede che sei la più brava, le rispondo, le tue colleghe hanno un marito e dei figli e non possono fermarsi. Tu trovi tutto pronto, hai una mamma che si sacrifica, ti lava e ti stira. Anch’io vorrei un marito e dei figli, risponde piangendo, ma come faccio a trovarmeli se passo tutta la vita in ufficio! Eh, per il bene dei figli bisogna resistere alle loro lacrime, un giorno mi ringrazierà.

Visto che durante la settimana non ce la fa ad uscire, Roberta s’è iscritta a un club alpino che organizza gite nei rifugi durante il week end; non le importa della montagna, lo fa perché spera di trovarsi un fidanzato, approfittando del cameratismo che si crea durante i viaggi in pullman e le soste nei rifugi, dove dormono in camerata, maschi e femmine insieme. Per impedirle di andare in gita mi faccio venire la febbre il sabato mattina quando lei sta per uscire con lo zaino in spalla. Se, facendosi forza, parte lo stesso, poi si sente in dovere di telefonare per sapere come sto e lì è un gioco da ragazzi fare la voce roca e flebile di una che sta per morire. Tante volte interrompe la gita a metà e corre a casa dalla sua mamma. Per ora il fidanzato non l’ha trovato, per fortuna a quei club si iscrivono solo maschi timidi.

Il ragazzo invece da quel lato non mi dà nessuna preoccupazione, io non gli faccio mancare niente perché possa studiare in tutta tranquillità e senza fretta, l’auto sportiva, l’abbonamento alla palestra, i soggiorni a Riccione e in un’isoletta greca con i suoi amichetti; gli ho promesso che l’estate prossima gli regalo un viaggio negli Stati Uniti, sogna di andare a San Francisco. Lui mi abbraccia forte forte e dice che l’unica donna della sua vita sono io. Nella sua cameretta con le pareti tappezzate di poster con atleti muscolosi l’unica immagine femminile è la mia foto nella cornice d’argento che gli ho regalato quando ha superato l’esame di maturità al terzo tentativo. Scusate se mi commuovo, succede sempre quando parlo dei miei ragazzi. Ecco, se la presidente me lo permette, è ai miei figli e alla loro felicità che vorrei dedicare questo trofeo. Grazie. (Applausi)