Älplermagronen, Rösti e zuppa di Kappel

/ 21.05.2018
di Ovidio Biffi

Rubrica dedicata a tre ricette della tradizione culinaria svizzero-tedesca? Tranquilli, faticheremmo persino a proporvi quella di un risotto, figuriamoci l’andare in cucina oltralpe. Niente «Masterchef». Niente ricette. Mi limito a riferire la scoperta delle tre celebri pietanze svizzero-tedesche nei titoli di articoli dell’edizione online della Bbc, usate anche lì non per ricette, bensì per magnifiche relazioni proposte da tre noti giornalisti di viaggi. E i titoli bastano a far scattare la domanda: come mai un così bizzarro approccio per descrivere un paese che non ha una cucina eccelsa? L’unica cosa certa è il risultato: Adam Graham, giornalista residente a Zurigo, collaboratore di «Condé Nest» e di una decina di altre riviste dagli Usa alla Cina, a fine gennaio ha esordito su Bbc.com con un articolo riguardante l’Aelplermagronen, il piatto di pasta, patate e cipolle degli alpigiani; successivamente (fine marzo) arriva l’americano Eric Weiner (collaboratore del «NY Times», autore di Geography in Bliss, bestseller tradotto in 20 lingue e pluripremiato) con un trattato sui rösti; infine a metà aprile lo scozzese Mike MacEacheran, editore e «travel writer» collaboratore oltre che della Bbc, anche di Lonely Planet e di una dozzina di prestigiose testate, ha chiuso il trittico (ma c’è quasi da augurarsi che la serie prosegua) dedicandosi alla zuppa di Kappel, nota in gastronomia come Milchsuppe.

Ho definito bizzarra la scelta di riunire questi tre articoli. In realtà, come sovente capita quando in campo scendono validi scrittori di viaggio anglosassoni, il trittico elvetico alla fine risulta un geniale assemblaggio giornalistico. Infatti partendo dalle tre tipiche pietanze e dalla storia dell’alimentazione elvetica (MacEacheran ad esempio cita il celebre dipinto di Albert Anker con la grande marmitta di Milchsuppe; Adam Graham risale fino alle ricette dei primi maccheroni di maestro Martino, il bleniese autore nel 1400 del Libro de arte coquinaria) i tre collaboratori della Bbc riescono a offrire un grandioso affresco delle peculiarità che caratterizzano le diversità e al tempo stesso risultano essere il collante che contrassegna la convivenza degli svizzeri. La maggior parte dei lunghi articoli è dedicata a ricostruzioni storiche e citazioni, raccolte da studiosi della gastronomia svizzera come Paul Imhof, o dedotte da spiegazioni e precisazioni di anfitrioni occasionali (la manager Manuela Bianchi) o ricercati (la teologa Suzanne Wey-Korthals). Ma mentre l’articolo di Adam Graham dedicato all’Aelplermagronen si sofferma con Imhof sull’importanza di questo piatto offrendo uno spaccato del mondo rurale e alpestre elvetico, pietanze e gastronomia negli altri due lavori sono un pretesto per una più estesa radiografia antropologica di noi svizzeri: i Rösti diventano mito collegati ai vari fossati che separano romandi e svizzero-tedeschi, mentre la zuppa servita a Kappel è elevata a simbolo della diplomazia e della riconciliazione.

La storia con il taglio socio-politico più marcato è quella di Erich Weiner. Lo scrittore americano spiega il «Röstigraben» come mito originato dalla divisione iniziata durante la prima Guerra mondiale, quando i romandi parteggiavano per la Francia e gli svizzero-tedeschi per la Germania, ma fa risalire sino all’antichità le radici di questo fenomeno. Presentando diversità e divisioni fra le quattro Svizzere, Weiner evidenzia anche ciò che ci unisce, in particolare il nostro multilinguismo, un tesoro che oltre a suscitare invidia in molti paesi (in particolare in Belgio e in Canada), contribuisce anche a rafforzare la consapevolezza degli svizzeri di formare una «Willensnation», cioè «una nazione con la volontà di rimanere unita». A questo proposito l’autore cita lo scrittore Christophe Büchi, per ricordare che, anche se la prevalenza del tedesco crei delle frizioni, il pragmatismo che guida le idee politiche elvetiche riesce sempre a garantire la convivenza e la riconciliazione. E di riconciliazione parla anche Mike MacEacheran che, muovendosi un po’ come Dante all’inferno (suo Virgilio è la teologa e storica Susanne Wey-Korthals dell’Abbazia di Kappel am Albis), al termine di un lungo trattato sulle nostre due principali confessioni religiose, trova strabiliante che, anche mezzo millennio dopo la riforma protestante, la coesistenza religiosa in Svizzera continui a essere riconducibile al mito dei cucchiai di legno e della minestra di latte condivisa a Kappel.