A proposito di «svizzeritudine» dei prodotti

/ 23.01.2017
di Angelo Rossi

Dal primo gennaio di quest’anno è entrata in vigore la nuova legge federale sulla protezione delle marche che, tra le molte altre disposizioni, contiene anche i criteri che dovrebbero aiutare a giudicare se un prodotto è svizzero o no. Fino a un paio di decenni fa, nessuno si preoccupava di sapere quanto svizzera fosse la produzione svizzera. Oggi, soprattutto in seguito al dislocamento all’estero di importanti funzioni di produzione e all’importazione dall’estero di molti componenti o semiprodotti, la situazione è invece mutata. È diventato molto più difficile definire l’origine di un prodotto.

Naturalmente poter dichiarare la propria produzione come svizzera costituisce per molte aziende un vantaggio competitivo importante, perché il «made in Switzerland» rappresenta sempre un valido argomento pubblicitario. La nuova legge sulla protezione delle marche è un testo che non può essere riassunto in poche righe. Quello che maggiormente interessa l’opinione pubblica è però la questione della dichiarazione di origine, il cosiddetto problema della «Swissness», ossia della misura del grado di «svizzeritudine» di un prodotto o di un servizio offerto da un’azienda con sede in Svizzera. È questa anche la questione che ha sollevato, durante i dibattiti parlamentari, i contrasti maggiori.

La ragione di questi contrasti è lampante: ne va della sopravvivenza di molte aziende. Facciamo un esempio: uno dei prodotti svizzeri più conosciuti all’estero e il cosiddetto «Swiss army knife» il coltello dei nostri soldati che viene oggi però offerto in molte versioni diverse. Che cosa succederebbe se a questo prodotto fosse tolta la dichiarazione «made in Switzerland» e quindi la possibilità di riprodurre la croce federale sul manico? Non è una questione oziosa: i dirigenti della Victorinox che produce il coltellino svizzero avevano infatti, a suo tempo, dichiarato che, con grande probabilità, il loro prodotto non rispettava i criteri della dichiarazione d’origine contenuti nella nuova legge sulla protezione delle marche e che quindi temevano di dover rinunciare a dichiarare il loro prodotto come un prodotto svizzero.

Ai lettori questo esempio potrà sembrare estremo. È certo però che, nel corso dei prossimi mesi, con il progresso della procedura di riconoscimento dell’origine dei prodotti e dei servizi alla quale dovranno sottoporsi le aziende, di situazioni di questo tipo, in cui a un prodotto che, fino ad oggi, è sempre stato considerato come svizzero viene tolto il diritto di dichiararsi tale, ne sorgeranno molte. Chi desidera ottenere maggiori informazioni sui criteri di provenienza consulterà con vantaggio l’articolo 48 e gli articoli da 48a a 48d come pure il 49.1 del nuovo testo di legge. Gli stessi differenziano dapprima tra prodotti e servizi. Per i servizi la dichiarazione d’origine è abbastanza semplice. Per essere svizzero, un servizio qualunque, deve essere offerto da una persona che risiede in Svizzera. L’articolo che state leggendo, per esempio, può essere tranquillamente dichiarato come «made in Switzerland» perché il suo autore risiede in Svizzera. Molto meno semplice è invece giudicare se un prodotto è svizzero o no.

La legge distingue in questo caso tra prodotti naturali, alimentari e altri prodotti, in particolare quelli industriali. Dove si trova l’origine dei prodotti naturali? Dipende dal tipo di prodotto. Per i minerali estratti dal suolo, il luogo dove vengono estratti. Per la carne, il luogo dove gli animali hanno passato la maggior parte della loro vita. Per i pesci o gli animali che vengono cacciati, il luogo dove sono passati a miglior vita. Per i prodotti vegetali, il luogo dove è stata effettuato il raccolto (saranno ancora svizzere le mele del Grigioni raccolte in Valtellina?). E così via dicendo.

Per applicare i criteri di questa legge è quindi probabile che in futuro ogni comune si doterà non solo di un controllo abitanti, ma anche di un controllo animali, piante e altri prodotti della natura. Scherzo, naturalmente! Ma andiamo avanti. I criteri per la dichiarazione d’origine aumentano poi per gli alimentari e toccano lo zenit della burocrazia per i prodotti industriali. In questo caso un prodotto viene riconosciuto come svizzero se il 60 per cento almeno dei suoi costi sono stati realizzati in Svizzera. Fortunati saranno quegli industriali per i quali i costi del personale coprono una larga parte dei costi di produzione. Non dovrebbero avere molte difficoltà a localizzare l’origine dei loro costi. Per gli altri, invece, sarà una corsa alla ricerca delle fatture pagate ai fornitori, sperando che, nel frattempo, gli stessi non abbiano traslocato.