PerFumum – I profumi della storia, una mostra che nel Palazzo Madama di Torino esibiva più di 200 oggetti, in maggior parte raffinati contenitori di profumi dall’antico Egitto ai giorni nostri, mi ha offerto l’occasione di vivere esperienze inedite, come le sinestesi, dove entrano in gioco tutti i sensi. Collocato davanti a un parallelepipedo nero, con una cuffia sulle orecchie ascolto una voce suadente che descrive le sensazioni provocate dal profumo contenuto in una boccetta posta sul tetto del parallelepipedo dalla quale ho prelevato uno spruzzo schizzandolo sopra una linguetta di plastica. Lo annuso mentre con una mano penetro in un piccolo varco aperto sulla parte anteriore della scatola fino a toccare all’interno, senza poterle vedere, le fonti dalle quali sono state ricavate le essenze, così anche il tatto è servito.
Mi muovo con una certa esitazione, nel timore di trovare un fico d’india o un ramarro, invece tocco un limone e una magnolia. La frequentazione dei laboratori olfattivi mi ha introdotto in un universo sconosciuto. Ho imparato nozioni nuove, utilissime nella vita di tutti i giorni e come succede a tutti i neofiti, vorrei divulgarle. Non trovo nessuno con cui condividere le mie scoperte, appena inizio a parlare di profumi, scappano tutti come lepri. Non mi restate che voi, cari lettori, portate pazienza. Potrete sempre spendere le nozioni che sto per divulgare facendo la vostra bella figura nel corso di brillanti conversazioni.
Iniziamo con una notizia esaltante: c’è ancora posto per Nuovi Nasi, cioè il profumo è un campo aperto dove chiunque di voi (che abbia Naso) può avventurarsi con successo. Sono possibili nuove narrazioni, nuovi viaggi, nuove materie prime che trenta anni fa non esistevano. Nozione fondamentale da imparare a memoria: un profumo è costituito da tre note, testa, cuore e fondo. La nota di testa è la prima a farsi sentire, quella di cuore ha l’incarico della durata, quella di fondo deve continuare a esistere nel ricordo. Ogni nota deve essere costruita con componenti diverse. Faccio un esempio semplice, con materie prime che potete trovare nella bottega sotto casa. Il profumo che avete il compito di confezionare ha un nome, si chiama Mylo. Per la nota di testa andiamo sugli agrumi e abbiamo bisogno di bergamotto, limone e mandarino giallo. Nota di cuore: olio essenziale di patchouli, fiore di frangipane, assoluta di iris. Nota di fondo: essenza di cisto, essenza di cedro, muschio. Per quei pochi che lo ignorano dirò che il patchouli è una pianta che cresce spontanea nel sud est asiatico, fra i 900 e i 1000 metri di altitudine.
Nell’antichità gli Egizi avevano fama di migliori profumieri, ora, nella mia città, nessuno è bravo come loro nel fare la pizza. Cleopatra produce un profumo con cui fa impregnare le vele delle sue navi propiziando l’incontro con Marco Antonio. L’Arabia è la terra per eccellenza per la produzione ed esportazione di aromi. Arrivano di lì muschio, ambra, aloe, canfora, zafferano. Gli arabi sono gli inventori dell’alambicco per distillare le rose. Nel 1187 vengono fatti arrivare a Gerusalemme da Damasco 500 cammelli carichi di acqua di rose per purificare la moschea di Omar riconquistata da Şalãh ad-Din Yūsuf ibn Ayyüb che noi conosciamo come Saladino. Nel Rinascimento le fragranze servono a camuffare i cattivi odori e Caterina de’ Medici porta il suo profumiere alla corte di Francia. Ora un paio di date per completare la vostra preparazione. Nel 1868 all’Esposizione Universale di Parigi fa la sua comparsa il vaporizzatore.
Nel 1874 un ricercatore tedesco ottiene per via sintetica la componente principale del baccello di vaniglia, prima per trovarlo bisognava spingersi fino al Madagascar. Il mio profumo preferito, lo dico nel caso qualche lettore volesse farmi un regalo, è il Nerotic, di Cécil Zarokian, perché sulla sua scheda è definito «di sensualità estrema». Il Nerotic di testa ha il bergamotto pompeiano e i frutti rossi; di cuore il geranio, il coriandolo e lo zafferano; di fondo un accordo legnoso molto ambrato, sandalo e note affumicate. Però, più che i profumi, per me contano gli odori perché l’olfatto non conosce l’onta della smemoratezza. La mia infanzia vive nell’odore del catrame quando è ancora fumante, nell’olio di ricino bruciato nelle moto da corsa, nel fieno appena tagliato. In una vecchia cartoleria ho scovato un barattolo di Cocoina, la colla bianca che usavamo per attaccare le figurine all’album e l’annuso quando nessuno mi vede. I miei genitori speravano che seguissi le loro orme; fra una madre parrucchiera e un padre tipografo ha vinto l’odore del piombo e dell’inchiostro da stampa; per anni, prima di leggerli, i libri li ho annusati con voluttà, a occhi chiusi ero in grado di indovinare l’editore. Ora il paradiso del mio naso è perduto, i nuovi libri non hanno odore, non sanno di niente.