10 anni dalla crisi delle banche: il Ticino se l’è cavata bene

/ 05.11.2018
di Angelo Rossi

Nel corso di queste ultime settimane si è ricordato il decennale della crisi bancaria che, tra il 2008 e il 2010 causò notevoli difficoltà a molti istituti in diversi paesi del mondo. Si sono ricordate le bancarotte e si sono celebrati i salvataggi. Meno attenzione ha ricevuto nei media il fatto che la crisi bancaria ha provocato una recessione di vasta portata in tutte le economie avanzate, non da ultimo nelle economie dei Cantoni svizzeri. E questo nonostante bisognasse risalire agli anni Trenta del Novecento per ritrovare un fenomeno di recessione generalizzata a livello mondiale di questa portata. L’importanza di questa crisi non è però sfuggita ai ricercatori che, da qualche anno, indagano non tanto sulle sue cause, quanto sul come i diversi sistemi economici siano stati in grado di sopportarla. 

Nel loro trattamento della crisi essi distinguono tra due prospettive: quella del breve e quella del lungo periodo. Il breve periodo è, di solito, composto dal triennio 2008-2010, durante il quale la maggioranza dei sistemi considerati ha registrato una recessione, con diminuzione del prodotto interno lordo, e il triennio 2010-2012, durante il quale, invece si è manifestata la ripresa. Il lungo periodo ingloba tutto il periodo di ripresa, dal 2010 a oggi. 

Come si può rilevare, nel caso dei Cantoni svizzeri, la crisi del 2008 si è manifestata in modo diverso da un Cantone all’altro. 

Per il confronto con il Ticino si sono ritenuti tre Cantoni con struttura della produzione diversa. Il Canton Zurigo che basa la sua struttura sul terziario avanzato, il Canton Grigioni che, invece, deve molto al turismo e, infine, il Canton Neuchâtel nel quale è ancora molto importante il settore industriale. 

Di primo acchito si potrebbe pensare che, siccome quella del 2008, è stata una crisi delle banche, le economie cantonali che avrebbero dovuto maggiormente risentirla avrebbero dovuto esser quella zurighese e quella ticinese e questo per l’importanza che, nelle stesse, ha il valore aggiunto dalle banche e dagli istituti finanziari. Dai dati si rileva invece che l’economia zurighese e, soprattutto, quella ticinese sono quelle che meno hanno risentito della recessione avviata dalla crisi bancaria. 

L’esposizione alle conseguenze negative della crisi bancaria si misura con l’indice di sensibilità che è tanto più negativo quanto maggiore è stata l’ampiezza della recessione subita. Nel caso dei nostri quattro Cantoni l’indice di sensibilità varia tra il –0,02 del Ticino e il –0,14 del Canton Neuchâtel. Quindi anche l’indice di sensibilità conferma che, dei quattro Cantoni considerati, il Ticino è quello a cui è andata meglio nella crisi del 2008. 

Per ottenere però una visione d’assieme degli effetti della crisi conviene calcolare anche l’indice di ripresa che misura per l’appunto l’importanza della fase di ripresa immediata. In questo caso più alto è il valore positivo dell’indice e più importante è stata la ripresa. 

Dal calcolo risulta che il Canton di Neuchâtel ha il valore più elevato, pari a 0,26, mentre Ticino e Zurigo hanno il valore più basso, pari a 0,07. 

I valori di questi indici sembrano suggerire che sia l’esposizione agli effetti negativi della crisi, sia l’ampiezza della ripresa, siano una funzione inversa della dimensione del sistema economico considerato. 

In altre parole, le fluttuazioni congiunturali, verso l’alto o verso il basso, sono tanto più ampie quanto il sistema è piccolo. Economicamente parlando, Grigioni e Neuchâtel sono due piccole unità. In termini di Pil, per esempio, il Ticino vale almeno due volte questi Cantoni e Zurigo nove o dieci volte. È possibile che la dimensione consenta ai Cantoni più grandi di poter contare su una struttura di produzione maggiormente diversificata, in grado quindi di meglio assorbire le fluttuazioni cicliche. 

Insomma, la si metta come si vuole, la conclusione è sempre che l’economia ticinese, in questa circostanza, se l’è cavata molto bene.